di Luciano Luciani
Sempre
più prossimo il centenario dello scoppio della Grande Guerra con tutto il suo
carico di ricordi. Militari, politici, civili: ragioni e responsabilità degli
uni e degli altri, protagonisti e comprimari, eroismi e viltà… Finalmente l’
anno anniversario di una vicenda epocale che permetta la realizzazione di una
memoria condivisa? Probabilmente no, perché giunge sullo scenario di un’ Europa
sempre più sul punto di smemorare le motivazioni ideali della sue solo
relativamente recenti unità e concordia, in nome di riaffioranti nazionalismi e
micro nazionalismi che rischiano di avvelenare il futuro del continente.
Un
sicuro antidoto a una tale deriva ce lo offre un libro, un piccolo libro, un
testo particolarissimo pubblicato alcuni anni fa. Si intitola I
fogli del capitano Michel e l’ha scritto Claudio Rigon, vicentino,
docente di fisica alle scuole superiori, appassionato di fotografia e di
montagna.
Tutto
parte dalla decisione dell’Autore di documentarsi su alcuni luoghi della Grande
Guerra: quelli del monte Ortigara, sul margine settentrionale dell’Altopiano di
Asiago, là dove, nel giugno del 1917, si combatté “una grande battaglia,
terribile e inutile: venticinquemila fra morti e feriti e dispersi gli italiani
(era stata una nostra offensiva) novemila gli austriaci, un nulla di fatto”.
Rigon
è nato nel 1948, appartiene, quindi, alla prima generazione di italiani che ha
evitato il triste destino di essere mandato in guerra ad ammazzare e a farsi
ammazzare: per questo, forse, quel conflitto e i luoghi delle sue battaglie
esercitano su di lui, vicentino, una particolare fascinazione. Perché Vicenza nella
Grande Guerra era nelle immediate retrovie, perché quelle vicende hanno
lasciato tracce durature nella memoria collettiva e nei racconti degli uomini
appartenenti a un tempo appena precedente il suo: “Mi venne voglia di cercare
immagini di quel tempo, della vita di allora lassù, ma anche semplicemente di
allora. Esistevano delle fotografie fatte in quei luoghi? Sapevo che al Museo
del Risorgimento di Vicenza c’era un archivio fotografico della guerra, avevo
visto in passato una bella mostra allestita con grandi riproduzioni da copie
originali. Decisi di andarci, di parlare con il direttore, di dirgli del mio
lavoro, di chiedergli di poter consultare l’archivio. Trovai piena
disponibilità. Era inverno e il mio lavoro in montagna era sospeso. Il giovedì
ero libero dall’insegnamento: divenne il mio giorno al museo”.
Qui
si imbatte nelle carte della “Donazione Michel”: ovvero fotografie arrivate al
Museo nel 1989 dalla nuora del capitano, la signora Giuseppina P., moglie del
figlio di Michel, ovvero Ersilio Michel (1878-1955). Non un personaggio
qualunque: livornese, docente di storia del Risorgimento presso l’Ateneo pisano
nei decenni successivi alla Grande Guerra è autore di un testo fondamentale per
chiunque si occupi di storia del Risorgimento in Toscana, Maestri e scolari nell’Università di Pisa nel Risorgimento nazionale,
Sansoni, 1949.
Ecco
il libro di Rigon nasce così: passeggiate lungo luoghi aspri e brulli
dell’Altopiano di Asiago, la suggestione, la fascinazione che quei luoghi
ancora conservano per essere stati teatri di vicende tragiche e dolorose;
l’incontro con le carte Michel.
Rigon
non è solo un uomo di scuola, è uno scienziato, ha una formazione scientifica:
quindi si mette al lavoro con rigore, con metodo, sistematicamente per sette
anni, dal 2001 al 2008. Riordina quelle carte, un giovedì dopo l’altro, 257
fonogrammi, scritti a matita, qualcuno a penna, che vanno dalla fine di giugno
alla fine di luglio del 1916.
Li
riordina, li legge, cerca di interpretarne i sensi profondi: si sforza di
andare oltre le parole per recuperarne senso, direzione e significato… E ne
viene fuori questo libro straordinario, fuori dai generi, fuori dagli schemi, duro
e tagliente come le rocce di quell’altopiano.
Un
libro che senza enfasi di nessun tipo – nessuna retorica guerriera, nessuna
foga pacifista – restituisce la guerra alla sua vera natura: un’opaca routine
il cui fine è produrre distruzione e morte; un quotidiano tragico di normalità
deviata e brutalizzata.
La guerra è sporcizia, freddo, paura, orrore,
tradimento. Tradimento e raggiro. Morte (quindi, morti!). Le perdite sono
sempre alte, altissime: ferite, carni violate, corpi fatti a pezzi… In alcuni
fonogrammi ci si lamenta, ci si preoccupa in maniera quasi ossessiva delle
diserzioni, del pericolo che esse rappresentano per l’esempio che danno e per
il morale delle truppe. Mai nessun eroismo, pure quando c’è. La guerra è
diseroicizzata; prevale, invece, un aspetto mediocremente
burocratico/amministrativo: ordini, contrordini, elenchi, appelli e
contrappelli, contabilità dei morti, dei feriti, dei dispersi come se tutto si
svolgesse in un ufficio. Un crudo reportage a più voci sulla guerra e dignità
militare, un instant book in
direzione di un passato centenario. Un libro utilissimo qualora la storia si
decidesse di scriverla e studiarla in modo più vero e aderente alla realtà.
“Ciò
che traspare di quella colossale carneficina non è il pathos brutale, ma la
banalità… il dolore è solo un imbarazzante effetto collaterale di cui nessuno
parla.
Dopo
il lungo Ottocento dominato dalle idee di pace e progresso economico, con il
primo conflitto mondiale inizia quella che alcuni storici definiscono la
“guerra civile europea” magmatico intreccio di tradizionali conflitti tra
Stati, rivoluzioni, guerre civili e di liberazione, genocidi e brutalità
derivate da contrasti politici, nazionali e di classe.
La Grande guerra” - scrive uno
storico contemporaneista, Enzo Traverso - - “si configura come una cesura
storica che spezza la continuità delle esperienze di vita e trasforma il
paesaggio mentale delle società europee”. Un’affermazione dimostrata da questa
raccolta di messaggi, la “scatola nera” di un mese della vita di un battaglione
di alpini rimasto quasi senza ufficiali. Una storia di guerra, una storia
lontana i cui protagonisti giovani e giovanissimi soldati e ufficiali, molti
dei quali, destinati a morire in trincea e fra i reticolati, sembrano vogliano
dirci di sé qualcosa d’importante, qualcosa di fondamentale rimasta ancora in
gran parte inespressa, in gran parte incompresa.
Claudio
Rigon, I fogli del capitano Michel, Einaudi, To 2009, pp. 201, Euro
13,50
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