13 aprile 2015

"Almirante Biografia di un fascista" di Aldo Grandi


                         La biografia di un fascista

di Luciano Luciani

Aldo Grandi, classe 1961, ha sempre guardato con interesse alle complicate, mosse, talora drammatiche, vicende  dei territori estremi della vita politica italiana, a sinistra come a destra. Però, più che alla storia dei partiti, questo giornalista prestato alla ricerca storica sembra rivolgere preferibilmente la propria attenzione ai personaggi delle opposte periferie dello schieramento politico, meglio se complicati o contraddittori. Ai loro difficili itinerari umani e ideali, alle ragioni di una militanza scomoda, al loro essere spesso eretici, Grandi si è sempre avvicinato con sincera curiosità e onesta intellettuale, ricorrendo a uno strumento d'indagine semplice quanto incisivo, l'intervista. Poi, con passione di ricercatore ha messo in relazione i materiali ottenuti attraverso ore e ore di incontri e discussioni, li ha confrontati e verificati con i documenti ufficiali e con le fonti giornalistiche, li ha rielaborati ottenendo una narrazione i cui lineamenti si avvicinano alla realtà storica molto più di tanta saggistica accademica e paludata.

Sono nati così alcuni utili libri di storia contemporanea: Fuori dal coro: Ruggero Zangrandi Una biografia, 1998, un'ampia rivisitazione di un maestro del giornalismo italiano; Feltrinelli La dinastia, il rivoluzionario, 2000, un lavoro importante, documentato ed equilibrato, su una figura strategica della cultura italiana del dopoguerra, amato e odiato a destra come a sinistra; I giovani di Mussolini, 2001, decine e decine di interviste agli esponenti importanti e meno importanti della generazione che aveva vent'anni o poco più alla vigilia del secondo conflitto mondiale; La generazione degli anni perduti, 2003, che racconta in in maniera esemplare i percorsi ideali, politici e umani dei militanti di base, dei dirigenti locali e nazionali di una delle formazioni politiche extraparlamentari ideologicamente più attrezzata e politicamente più radicale che intendeva trasformare “lo stato di cose presente” partendo dalla fabbrica e dagli operai.

La storia politica e umana di un uomo scomodo torna anche nell'ultimo, contestato, libro di Aldo Grandi, Almirante La biografia di un fascista, Sperling e Kupfer 2014, quella del “nero” per eccellenza della politica italiana del secolo scorso: la biografia di Giorgio Almirante, segretario del Msi dal 1969 al 1987, elettoralmente il quarto partito italiano, ma la cui forza di incidenza nella vita politica e  nell’immaginario collettivo sono andate ben oltre quel 6/7% entro cui, mediamente, si sono sempre attestate le fortune elettorali di quella formazione politica. Un personaggio   significativo, Almirante, ma non centrale nella storia del Novecento politico italiano, rispetto alla cui vicenda, l'Autore, piuttosto che lo strumento dell’intervista, che pure era stata la carta vincente di altre sue pubblicazioni, utilizza con larghezza fonti giornalistiche, materiali d'archivio e la relativamente scarsa letteratura precedente.

Una biografia scritta sine ira et studio: senza esaltazioni, ma anche priva di pregiudizi e limitazioni intorno a una figura comunque di rilievo nel panorama politico italiano della prima repubblica, cui viene giustamente e ampiamente restituito quello spessore umano che di solito non attribuiamo ai politici, letti solo come espressione di posizioni, appunto, politiche, mentre presentano anch'essi pregi e difetti, passioni e debolezze storicamente interessanti in quanto specchi veritieri di un tempo storico determinato.

Detto questo e ribadita l’utilità del lavoro di Grandi come racconto del lungo viaggio di un italiano, fascista fin da giovanissimo, che attraversa il regime mussoliniano, la guerra, l’esperienza bruciante della Rsi e poi gli anni della Repubblica fino al craxismo, traversando il centrismo e il centro sinistra, il libro finisce per deludere. E non per responsabilità dell’Autore, quanto, direi, per il personaggio biografato.

Infatti, se non si possono non riconoscere ad Almirante indubbie qualità come un’indiscutibile coerenza con la propria storia; un’onestà a tutta prova, appena appena appannata da alcune chiacchiere al termine della vita; un’abilità giornalistica fuori dal comune, riconosciutagli da tutti, in primis da un maestro come Montanelli; una straordinaria capacità oratoria; una totale dedizione alla causa, la sua,  pure restano del tutto modesti dal punto di vista politico e storico i risultati della creatura, il Msi, per cui Almirante ha speso con larghezza quasi tutt'intera la propria esistenza. Infatti, mai in quasi mezzo secolo di lotta politica, il Movimento sociale italiano riesce a riscattarsi della doppia subalternità che lo segnerà durante tutto il corso della sua vicenda.

Intanto subalternità verso la Dc. Individuata nei comizi e nelle pagine del “Secolo” come la responsabile di tutti i mali italiani, partecipe e protagonista di una Repubblica e di una Costituzione malate di ciellenismo: ma alla Democrazia cristiana, il Msi non si negò mai. Contento di svolgere il proprio ruolo di stampella, di ruota di scorta o di “serva di casa” nei momenti di crisi e di difficoltà della “Balena bianca”, sempre in nome di un anticomunismo viscerale e un po’ ottuso. Si pensi, solo per fare l’esempio più vistoso, al 1974 e al referendum sul divorzio.

Poi, subalternità sul terreno del posizionamento internazionale. Sempre in nome dell’anticomunismo, il Msi di Michelini e poi quello di Almirante non si staccarono mai da un oltranzismo atlantico, così filoamericano che di più davvero non si poteva: con tanti saluti ai combattenti delle “rossa Salò”.
A questo assai magro bilancio storico-politico, aggiungiamoci la convinta adesione di Almirante, allora giornalista della rivista “La difesa della razza”, alle leggi antisemite del 1938 - una posizione giudicata sbagliata solo tardivamente, quarant'anni più tardi - e avremo la biografia di un un personaggio comunque opaco, fideisticamente attaccato a un passato deprecabile, un nostalgico incapace di aprirsi, sia pure da destra, sia pure da posizioni conservatrici, alle novità che via via maturavano in cinquant'anni di storia nazionale.

Grandi, insomma, finisce per aderire alla vulgata che in occasione del centenario della nascita dell'uomo politico neofascista, hanno contribuito ad alimentare due personaggi provenienti da aree ed esperienze politiche opposte a quella di Almirante: Luciano Violante e Giorgio Napolitano.
Per il primo, Almirante “seppe condurre nell’alveo della democrazia quegli italiani che, dopo la caduta del fascismo e la sconfitta della Repubblica sociale, non si riconoscevano nella Repubblica italiana del 1948”.

Più articolato, ma sostanzialmente concorde quello di Giorgio Napolitano (26 giugno 2014, in occasione del centenario): “Almirante ha avuto il merito di contrastare impulsi e comportamenti antiparlamentari che tendevano periodicamente a emergere, dimostrando un convinto rispetto per le istituzioni repubblicane che in Parlamento si esprimeva attraverso uno stile oratorio e privo di eccessi, anche se spesso aspro nei toni. È stato espressione di una generazione di leader che hanno saputo confrontarsi mantenendo un reciproco rispetto a dimostrazione di un superiore senso dello Stato”.

Da due rappresentati delle istituzioni, l'uno e l'altro intrisi (fin troppo) di senso dello Stato, non potevamo certo aspettarci molto di più, da Aldo Grandi forse sì.


Aldo Grandi, Almirante Biografia di un fascista, Sperling & Kupfer, 2014, pp. 460, Euro 18,90

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