IL FONDO
DELL’IMPUDICIZIA
C’è chi è abituato al cappuccino e brioche. Ma c’è chi
s’alza con una lorda degna di un reduce da carestie ataviche.
Ebbene, gli alberghi breakfast-buffet-incluso
riservano sempre sorprese che vanno dal misero al sontuoso. L’Oasis di
Barcellona è un caso a sé e unisce gli estremi con disumana crudeltà.
Metti che fra la fonte delle delizie e il tavolo
dove puoi consumarne un po’, sia posto un diabolico punto di guardia dal quale
un convitato di pietra, sub speciae
di arcigno donnone, dopo aver ritirato una sorta di lasciapassare, stia lì a
spiare ogni tua mossa.
Aggiungici ora un azzimato cerbero dai modi
ineccepibili che s’aggiri per le mense sorridendo a pargoli, aiutando le
bevande calde e fredde a fuoriuscire da beccucci con tastiere degne di una
piattaforma spaziale, pronto a dare suggerimenti, spiegazioni, consigli – e a
toglierti la coppetta appena vuotata dallo yogurt.
Secondo voi come fa un morto di fame a saziare le
sue voglie? Ecco come.
La prima mattina passerai tre sole volte davanti
al donnone, cogliendo con cupidigia i rari momenti nei quali l’Azzimato si
distrae; potrebbe essere quando costui è intento ad evitare che la vecchietta
tedesca vada in crisi di autostima di fronte ai pulsanti del tecnologico cubo
di Rubik. Afferrerai il piatto più grande e vi porrai uno strato di formaggio a
fette, uno di salame, uno di uova al bacon, poi ricoprirai il tutto con pezzi
di pomodoro sottili, melanzane ai ferri, zucchine alla piastra. Al vertice una
innocente fogliolina di lattuga.
Prima di tutto, però, hai da munirti di posateria
varia e di tovaglioli, che terrai sulla stessa mano, posti sotto il lauto
piatto. Nell’altra il più capiente bicchiere di succhi esotici.
Nel secondo viaggio (intanto l’Azzimato ha già
estratto il piatto sporco e ti sbircia speranzoso), in una tazza da caffelatte
instillerai dosi tre di italian espresso.
Prima però devi esserti munito di due buste di Nesquik, la prima da godersela
nella densa crema di caffè. In un piatto grande come il primo puoi infilare
comodamente 3 croissant e 4 plum-kake (…mmm) sormontati da due fettine
lacrimevoli di pane nero.
Il terzo viaggio è per il dessert: tre fette di
torta alla crema, due al cacao, una ai frutti rossi. Nell’altra mano una
scodella di yogurt “nature” che arricchirai con l’altra busta di Nesquik.
Tralascerai la frutta, a malincuore: una mia
insigne amica ne riempiva lo zaino (“sai, per la merenda”). Ma qui non va bene.
Ci vuole contegno.
Contegno e dignità, che la seconda e ultima
mattina, arcistufo di soprusi e angherie, abbandonerai. Col fervore di una
formica intenta a predisporre il granaio andrai avanti e indietro, prendendo
una delizia per volta, senza mai incrociare sguardi, fissi gli occhi sopra le
britanniche testine bionde. Al limite dell’esplosione gastrica, là dove
lascivia cede a disgusto, uscirai salutando con un garrulo “Hola, gracias para
todo”. L’importante è accompagnare la frase con un fermo gesto virile, sperando
di aver aggiunto un quid di inedito
al liso stereotipo dell’italianità.
30 marzo 2011
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