Mirta Vignatti. Foto di Violetta Barone |
In me
al lume
della luna
d’aprile
è sceso il volo
del desiderio
di non esser
più io.
Mirta Vignatti
di Gianni Quilici
Sono soltanto sei
versi, ma, questa immagine, questo canto,
esprimono una sottile profondità. Una profondità leggera, quasi evanescente,
perché desiderio di un attimo. Se tuttavia questi versi sono ridotti a parafrasi
ecco che appaiono banali. Esempio: la
luce della luna suscita il desiderio della protagonista di non essere più se
stessa.
Leggetela, invece,
più volte, visualizzate l’immagine,
assaporate la parola distillata in versi brevissimi, percepite quel ritmo
in cui i versi si snodano fino a quando
veloce il desiderio … sparire,
dissolversi. Sparire dove, ci si potrebbe chiedere? Apparentemente nel nulla. In realtà in quel
desiderio. Nel nulla da quel desiderio. Ciò che rimane, però, non sono
pensieri, ma echi, risonanze indefinite
come desiderio di trascendenza.
E si potrebbe
aggiungere, andando nei dettagli: bello l’inizio come sospiro perentorio (“In
me”), come la scelta della parola intima, patriarcale (“al lume” invece che “alla
luce”), inoltre il rapporto implicito e rapido del desiderio tra l’io e la luna ( “è sceso il volo/ del desiderio), infine la chiusa che proietta l’indefinitezza
(“non esser/ più io).
Un’emozione, che
diventa desiderio oltre il dicibile, che Mirta Vignatti rappresenta con sinteticità e verità.
da Mirta Vignatti. Accarezzando l'azzurro. Acariciando el azur" 1995
da Mirta Vignatti. Accarezzando l'azzurro. Acariciando el azur" 1995
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