di Silvia Chessa
“Tutto chiede salvezza”: un neo romanzo di formazione, oppure un romanzo sperimentale prosa-poetico ? Esistevano, un tempo, i romanzi detti di formazione ( o Bildungsroman).La buona notizia è che quella corrente letteraria non si è forse mestamente estinta.
Nel suddetto ciclo, (che racchiude grandi come Goethe, Tolstoj, George Eliot, Dostoevskij ..fino a Thomas Mann) potrebbe a buon diritto annoverarsi il libro di Daniele Mencarelli "Tutto chiede salvezza" (Premio Strega Giovani 2020).
Un’avventura traumatica e dolorosa porterà il protagonista, Daniele, a riconnettersi ad un livello più profondo e stabile alla bellezza della vita, passando attraverso un percorso di auto formazione e rinascita. Dalla malattia alla catarsi, dall’analfabetismo sentimentale alla ridefinizione del proprio corpo e del proprio io, Daniele rifiorisce nella dimensione salvifica del confronto. Il confronto si configura, dapprima, come internamento e contiguità coatta con i corpi e le manifestazioni di dolore degli altri, ma si trasforma e diviene, poi, occasione di ripensare il proprio corpo e la propria storia alla luce delle vite altrui.
Il protagonista ne uscirà, pertanto, rinsaldato, nelle sue frustrazioni, dalla forza derivante dalle relazioni esterne e amicali.
La narrazione di questo calvario-catarsi è intrisa di poesia, ed è, altresì, un processo prettamente personale ed al contempo assolutamente universale.
Ciò dimostrandoci, di fatto, il valore salvifico non soltanto dell’amicizia ma anche della scrittura e della poesia.
Il tema dell’inquietudine, o disturbo mentale-psicologico vanta, come noto, poeti e scrittori i quali hanno trasfuso in pagine i loro travagli più o meno incisivi ed eclatanti, ma comunque sempre peculiari alla loro scrittura, che se ne imbeve abbellendosi anche del dolore.
Alda Merini, fra tutti, ha toccato con mano (e con penna vibrante e lirica) la violenza e le costrizioni alle quali anime sensibili ed esposte come la sua sono state, in passato, condannate all'insegna di una presunta normalità imposta a suon di trattamenti sanitari comparabili a vere e proprie sevizie e torture fisiche psichiche e mentali (inutili, come ovvio, sul profilo terapeutico, ed aggravanti rispetto alle pene già patite dai pazienti così detti pazzi).
Analogamente, sebbene con le ampie e dovute differenze, Daniele Mencarelli narra, nella sua prosa poetica, del percorso di Daniele Mencarelli (un io affermato prima e rinnegato poi con distacco ironico) dallo scoppio incontrollabile di violenza ai sette giorni di tso (trattamento sanitario obbligatorio), subìto intorno ai venti anni (nel 1994).
Quando Daniele era già, in nuce, il poeta che sarebbe diventato.
Alla storia del protagonista si intersecano quelle degli altri pazienti, affini nel sobbarcarsi le croci e le stimmate avute dalla nascita, acuite dalla propria sensibilità e dal cinismo ottuso del sistema sociale e sanitario.
Finché non interviene quella volontà di riscatto e di auto rigenerazione che permette alla propria debolezza di farsi qualità distintiva e punto di forza.
Come per Gadda, Goethe e per la Merini, la cognizione del dolore scava, nel romanzo di Mencarelli, un sentiero che ha dimensioni e caratteristiche proporzionali agli strumenti umani e letterari dell’uomo-scrittore, il quale, artigiano della sua dannazione ed auto salvazione, non potrà più esimersi, d’ora in avanti, di farsi partecipe e connesso al destino degli uomini tutti (“Homo sum, humani nihil a me alienum puto”).
Daniele Mencarelli. Tutto chiede salvezza. Mondadori.
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