17 giugno 2020

"Nato il 6 gennaio 1950" di Enrico Giovannoni

di Luciano Luciani

                        Accade sempre più spesso che uomini e donne, di solito, ma non sempre, di “una certa età” – diciamo, per capirci, appartenenti alla generazione venuta al mondo negli anni dell’immediato dopoguerra – decidano di mettere mano alla penna e raccontarsi.

Qualcuno di loro lo fa servendosi ancora della carta e dell’inchiostro; i più, avvicinandosi con qualche timore e tremore al Pc e spinti dall’umanissimo bisogno di narrarsi, in breve tempo si fanno capaci di impadronirsi delle tecniche, segreti e malizie del word processor.

Ed è anche grazie al personal se la scrittura autobiografica, un tempo patrimonio di pochi, si è allargata, divenendo per un   numero sempre più largo di nostri contemporanei, l’occasione per mettere ordine nei ricordi, tentare di individuarne direzione e significato, contestualizzarli nel più ampio flusso della storia grande: un’operazione, ai nostri giorni, praticata da molti e favorita da decenni di scuola per tutti e di alfabetizzazione di massa.

E se queste memorie soggettive presentano di rado una qualche qualità letteraria, risultano, però, spesso ricchissime di importanti notazioni sociologiche, antropologiche, storiche, documentarie… E tante pagine, magari discutibili da un punto di vista formale ed estetico, ci forniscono una straordinaria messe di informazioni intorno a veri e propri “mondi scomparsi” non solo materialmente, ma anche moralmente: perché di questi sono venuti repentinamente a mancare valori e idealità, modi di pensare e comportamenti.

Stiamo parlando, tanto per intenderci, di un tema ricorrente in tante e tante memorie autobiografiche di testimoni delle profonde trasformazioni intervenute nella società italiana durante la seconda metà del secolo scorso: ovvero, il tramonto e la scomparsa della civiltà contadina.

Una tale estinzione, quale si è configurata in Toscana e segnatamente nelle campagne lucchesi, nel territorio di Capannori, uno dei Comuni rurali più vasti d’Italia, ce la racconta, un memorialista locale, Enrico Giovannoni, con il suo Nato il 6 gennaio 1950.

Condotta dall’Autore con toni talora forse eccessivamente accorati e nostalgici, in un continuo movimento narrativo tra ieri e oggi, questa rivisitazione di un passato in fondo recente parte da una lontana festa agostana nella frazione di San Ginese di Compito per illustrare con dovizia di particolari la storia di Enrico, quella dei componenti della sua famiglia e le vicende loro toccate nel corso di oltre di sessant’anni: una narrazione ininterrotta di volti, incontri, colloqui, ambienti, atmosfere. Dalla sfogliatura fatta a mano e collettivamente del granturco e dalla vendemmia di una volta, si passa, nel giro di pochi anni, ai primi insediamenti industriali. Tessile e calzaturiero soprattutto, piuttosto precari e avventurosi che, se arricchiscono velocemente alcuni, deludono molti, lasciando dietro di sé la scia di non poche frustrazioni e il sapore amaro della sconfitta sociale.

E mentre la famiglia conosce il suo naturale avvicendamento di matrimoni, la costituzione di nuovi nuclei, l’arrivo di un’altra nuova generazione di figli e la progressiva scomparsa degli anziani, tutt’intorno cambia addirittura il paesaggio che muta inesorabilmente da una terra umanizzata da secoli di fatiche in un’informe, ibrida periferia stranita di asfalto e cemento, non più campagna ma non ancora città.

Gli ingenui anni Cinquanta, poveri ma belli, giungono a una loro malinconica conclusione e intanto avanzano tempi nuovi segnati da un “buco etico” che ci appare sempre più incolmabile: in nome di un benessere più apparente che reale sono stati barattati i tempi lunghi e i valori forti della cultura contadina: il sentimento della famiglia, la solidarietà, il senso del sacro, la sobrietà come capacità e abitudine ad accontentarsi di poco, la consuetudine a lavorare con le mani …

Di questo “appena ieri” comune a tanti, scrive dal punto di vista degli “indigeni”, Enrico Giovannoni: non lo fa col distacco algido del sociologo, ma con una ricca, intensa e al tempo stesso semplice emotività, condividendo così le finalità dei migliori scrittori autobiografici: “lasciare a quelli che verranno una testimonianza diretta che ricordi le loro radici e gli antenati” per operare “un confronto fra il loro nuovo mondo moderno e il piccolo mondo antico”.

Enrico Giovannoni, Nato il 6 gennaio 1950, Centro Stampa Lucca, aprile 2018, pp. 152, sip

 

1 commento:

Anonimo ha detto...
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