di Maila Grazzini
Ho letto con interesse L’infedele di Gad Lerner, un libro che è autobiografia personale e racconto di vicende della società e della politica inerenti ai tempi di vita adulta dell’autore, cioè tra gli anni Settanta e l’oggi.
Lerner, come giornalista della carta stampata e della televisione, si è cimentato con entrambi i mezzi da palcoscenici autorevoli, ha vissuto quindi da protagonista gli eventi e le trasformazioni cui la maggior parte delle persone ha assistito da spettatore, solo marginalmente con la possibilità di far sentire la propria voce. Pertanto una delle attrattive principali del libro – almeno per me che dell’autore sono coetanea – è quella di poter entrare, a posteriori, nel backstage di situazioni ancora presenti nella memoria e che sono state seguite o vissute con partecipazione.
Si aggiunge la curiosità di attingere dati dai casi di vita di una persona che ci ha offerto spunti per capire, con la sua esposizione mediatica, e che ci ha fatto riflettere sui cambiamenti sociali, proponendo percorsi di osservazione e di analisi non banali. Naturalmente una certa contiguità con alcune idee dell’autore contribuisce a dare la spinta a rivedere attraverso le sue parole le vicende, in parte ormai quasi storiche, attraversate insieme. Inoltre traspare con evidenza dalle pagine l’onestà della narrazione, un’onestà a volte addirittura spiazzante, quando riguarda episodi e sentimenti della propria intimità esposti al giudizio pubblico, ma certo preziosa se trasferita al quadro realistico che con diversi toni si viene componendo.
Il titolo del libro – L’infedele – rimanda a una trasmissione televisiva di successo della prima decade degli anni 2000, ma allude in generale alla presenza di stratificazioni talvolta contraddittorie nell’identità umana e in particolare a un modo di sentirsi dell’autore, ad una sua perdurante e latente dualità esistenziale: l’essere da una parte uomo di sinistra, schierato nella ricerca di soluzioni favorevoli alla classe dei lavoratori e degli oppressi, dall’altra amico di potenti e integrato nelle élite del potere, al punto da goderne amicizie e privilegi.
La familiarità con uomini di primo piano del capitalismo e della finanza, che si è instaurata e consolidata in vari momenti della vita del giornalista, derivante da empatie personali e affinità intellettuali, sembra essere un rovello nella sua coscienza di professionista e di uomo, incline a dubitare dentro di sé della liceità di ricevere i vantaggi che innegabilmente gli derivano da tali sodalizi. Lui che pretende di spendersi per i poveri, forse dovrebbe accontentarsi di una vita da persona normale, e non sentirsi piacevolmente in simbiosi con i baciati dalla fortuna.
Per il lettore, però, è indubbiamente interessante ascoltare dal di dentro spezzoni di vita, intimi e pubblici, di quegli inarrivabili attori che si sono mossi da padroni nei luoghi più fertili e contrastati dell’economia italiana, là dove, nelle fabbriche o sui giornali, si confrontavano idee e nascevano aspirazioni per nuovi progetti di ristrutturazione sociale, in un’epoca in cui si affacciavano i complessi problemi del governo globale delle risorse, del lavoro e delle diverse umanità coinvolte.
Sono i grandi industriali come gli Agnelli o i De Benedetti, sono gli imprenditori della cultura come Feltrinelli o i direttori dei quotidiani più importanti e le loro firme più accreditate, sono i politici come Prodi e molti altri aderenti al clima del nascente Ulivo e dei suoi germogli, quelli con cui Lerner entra in contatto e ritrae come figure integrate nel racconto della sua vita. Quindi un altro aspetto attrattivo di questa lettura è dato proprio dall’intreccio fra storiografia, autobiografia e biografia, sia pure quest’ultima per frammenti, ma legata a episodi e volti riconoscibili, di persone che hanno influenzato e talvolta determinato l’evoluzione socio-politica della nostra nazione.
Altro argomento che trova spazio centrale e privilegiato nel libro è l’identità ebraica: fortemente sentita dall’uomo Lerner, anche se nei momenti concentrati sugli interessi professionali l’appartenenza religiosa sembra rimanere sullo sfondo; ma si trovano interi capitoli dedicati all’approfondimento delle radici di senso del messaggio primigenio rivolto agli ebrei, fino all’esplorazione del misticismo e dei suoi profeti, inseguiti anche fisicamente, sulle orme di testimonianze originali, nei loro luoghi di vita in Israele e in Paesi limitrofi. Il suo è un intenso percorso di ricerca di ciò che può indirizzare verso un’idea di nuovo e moderno messianesimo, che dovrebbe essere il punto di fusione tra ebraismo e politica.
La condivisione religiosa porta Lerner a raccontarsi anche attraverso la descrizione di momenti celebrativi delle comunità ebraiche di cui è parte, senza esserne completamente interno, e in queste occasioni ci lascia intravedere altre presenze note e influenti del panorama politico-culturale delle grandi città italiane - Milano, Torino, Roma – spazi centrali dei suoi percorsi biografici e lavorativi. E traspare la predilezione a intensificare la conoscenza, se non la frequentazione, di personaggi con i quali avverte una prossimità di radici e di cultura, anche religiosa.
Ma oltre alle figure umane che si sono fisicamente intrecciate con la sua vita, compare nel libro una folta galleria di grandi personaggi, presentati come punti di riferimento importanti, secondo la visione del mondo dell’autore, perché hanno saputo elaborare costruzioni ideali o progetti concreti di trasformazione sociale utili all’umanità e generare le aspettative per quella speranza messianica che in definitiva resta per Lerner l’idea rivoluzionaria più attendibile e propulsiva per la creazione di un mondo migliore. L’impianto del libro acquista così una valenza storico-saggistica: le vite e le idee sono la traccia che conduce all’analisi, al confronto tra posizioni prospettate o avversate, con lo sguardo che si proietta verso ipotesi interpretative delle questioni sociali della contemporaneità, dei suoi problemi irrisolti, delle sue infauste degenerazioni, come quella che ha portato la sinistra a farsi “infedele” distaccandosi dalla classe operaia.
Centrale nel racconto resta la componente autobiografica, che valorizza la percezione soggettiva del narratore e apertamente dichiara – nelle epigrafi poste in fondo al libro – le diverse fonti di ispirazione che lo hanno motivato e ancora orienteranno le sue scelte di vita.
Una scrittura agile e densa, di carattere giornalistico, fortemente connotata da elementi introspettivi, capace di alimentare la curiosità e la tensione, nell’incalzare narrativo. Un libro ricco di informazioni e di idee su cui ragionare, da cui ricevere stimoli anche per filtrare e arricchire il proprio sistema di pensiero, per conoscere la realtà e affinare la capacità di interpretarla.
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