07 dicembre 2020

“Bohemien minori” di Eimear McBride

 


di Giulietta Isola

“Ricorda questo momento. Lo ricorderò perché, anche se questa mattina non è chissà che per la sua vita, per la mia è un mondo intero. Qualunque cosa accada, niente sarà lo stesso dopo e niente sarà così di nuovo. “

 Sintesi : storia d’amore tra una giovane irlandese appena arrivata a Londra e un uomo vent’anni più grande, entrambi attori. Niente di nuovo sotto il sole, molto di nuovo nella concezione dell’autrice, che ha scritto un romanzo graffiante nel quale la narrazione forza la sintassi, spezzandola, dandole il ritmo non del parlato, ma del pensiero stesso, ha espresso senza intermediazione i sentimenti che l’educazione, la religione e i condizionamenti sociali obbligano a tenere sotto controllo, a volte con una sola parola e nel momento in cui nascono.

 Siamo alla metà degli anni Novanta, lei si appresta a frequentare una prestigiosa scuola di recitazione quando conosce un affascinante attore professionista, incontro che altera la sua vita tra squallide stanze in affitto, strade sporche ed uscite alcoliche con compagni di corso.

Il racconto segue il susseguirsi dei trimestri accademici, lei e lui si innamorano e pian piano si rivelano con pezzetti della loro storia personale, il ritmo ed il tono scandiscono chiaramente quella che sarà una relazione complicata.

 Eimear McBride dice l’indicibile, racconta l’animo umano nei suoi lati più oscuri e nascosti, si sporca le mani, piega la parola alle proprie esigenze e squarcia la pagina con lampi di luce abbagliante.

 Entrare in questa storia ha richiesto un po’ di tempo, ma poi mi sono mossa al suo ritmo. Questo romanzo scorticante non fa sconti e trascina in un vortice di traumi, abusi, dipendenze, sofferenze sia per il tema che per la trattazione , scardina le regole del tradizionale e convenzionale utilizzando un linguaggio che ha l’urgenza di comunicare, le frasi si interrompono come realmente succede quando sopraggiunge un ricordo, un’intuizione, o una battuta detta dall’altro, eppure tutto avviene fluidamente per assecondare la mente umana che riesce a correre contemporaneamente su più binari diversi.

 Le prime 150 pagine sono state assoluto straniamento: le parole feriscono così come l’indagine, di inaudita lucidità, nei recessi dell’anima, i dialoghi avvengono fra due corpi che raccontano l’amore e il trauma, il sesso brutale e intimo, mediocre, pieno di sentimento, rabbioso, violento, un racconto estemporaneo, fatto nel momento in cui accade, che nasce da dentro, dalle sensazioni, dai segni lasciati dalle battaglie affrontate, i tagli, i graffi autoinflitti. Una storia d’amore durissima e bellissima fuori da ogni canone che forgia perfettamente l’animo dei personaggi.

 Mi ricordo una frase di McLiam Wilson che dice “Tutte le storie sono storie d’amore», anche questa lo è, ma molto diversa da come ci si potrebbe aspettare, sofferenza, vergogna e paura e qua e là sprazzi di bellezza come la Londra dei teatri, la città al tramonto, il fiume, le mani che si sfiorano, le piccole botteghe; il sentimento che nasce e che per un attimo è perfetto.

 Vorrei tranquillizzarvi: McBride, dopo la prima parte decisamente accidentata (150/180 pagine), cambia tono e registro, rende la struttura più stabile e, solo verso la fine, i due amanti ricostruiscono la loro identità per riconoscersi e comprendersi e non sono più Lei e Lui, ma Eily (pag 271) e Stephen (pag 344).

 Le peculiarità che mi hanno molto attratto: flusso di pensieri e parole, punteggiatura essenziale che si sviluppa sulla pagina in lettura con conseguente fluidità del racconto, la registrazione minuziosa di impressioni e stimoli per come « essi cadono sulla mente e nell’ordine in cui cadono», le tracce lasciate «il disegno, per quanto sconnesso o incoerente sia all’apparenza, che ogni immagine o incidente incide sulla coscienza», ma soprattutto la dimostrazione di dove può condurre la parola nelle mani di un narratore capace di lasciarla libera, di non porre limiti allo stile ed a ciò che è possibile raccontare.

 Stiamo vivendo tempi insoliti e difficili, rifugiarsi nei libri dovrebbe servire a portarci lontano, non credo che il loro compito sia solo quello di fornirci consolazione, leggerezza e serenità, credo che anche nelle tribolazioni di un personaggio letterario si possa, talvolta, trovare la pace e se capita, come in questo caso, che la letteratura non ci porti in luoghi consolatori, ci potrà sempre consolare il miracolo della scrittura. Consigliato.

 “Sarò vetro infranto dove prima ero sabbia sparsa.”

Eimear McBride. Bohemien minori”  La nave di Teseo edizioni

Nessun commento: