02 febbraio 2022

"La rivoluzione nonviolenta " di Piero P. Giorgi

 

di Giancarlo  Beriola

    Il professor Piero P. Giorgi, da più di trent’anni impegnato nella pratica e teoria degli studi sulla Pace a livello accademico, in questo lavoro intende dimostrare: a) la natura non violenta degli esseri umani (in senso bio-culturale, non genetico) per sapere chi siamo; b) che il modo in cui stiamo vivendo non è affatto normale per gli esseri umani; c) proporre una nuova strategia possibile, cioè una rivoluzione nonviolenta, per recuperare la nonviolenza e così evitare una rapida estinzione della nostra specie. E puntualizza che “a differenza di altre discussioni su violenza e nonviolenza, questo lavoro è basato esclusivamente su dati scientifici disponibili su testi universitari”.

    Per sapere chi siamo (punto a) Giorgi ritiene che si debba partire dallo studio della vita e della cultura dell’Homo sapiens, dal paleolitico (circa 200.000 anni fa) al neolitico (circa 10.000 anni fa), periodo nel quale l’elemento violenza (definizione: Comportamento sociale complesso destinato a opprimere, o ferire, o uccidere in grande quantità membri della propria stessa specie. Da notare che, sulla base di questa definizione, noi siamo la sola specie violenta sulla terra, dato che il nostro comportamento non è compatibile con la sopravvivenza.) non è mai presente. Lo dimostrerebbe l’arte paleolitica - scoperta gradualmente negli ultimi due secoli - prodotta da esseri umani da circa 50.000 anni fa in poi (*) con decorazioni del proprio corpo, immagini disegnate o scolpite su roccia e ossa di animali, oppure statuette. Dopo mesi di ricerca su raccolte di arte rupestre sia in Valcamonica (Brescia) che in Australia (Costa nord), per esempio, l’autore non ha individuato tracce di violenza cioè di uomo contro uomo per il periodo sopra citato.

     Anche gli antropologi culturali del XX secolo, che hanno vissuto per parecchi anni con i cacciatori-raccoglitori nomadi loro contemporanei, ci offrono il  modello sociale e comportamentale migliore per poter immaginare quello degli esseri umani paleolitici. In questi piccoli gruppi troviamo rapporti di empatia, di solidarietà, di soluzioni nonviolente di conflitti d’interesse e spiritualità (non religione), tutti elementi distintivi di una società nonviolenta (Definizione: la nonviolenza è una filosofia di vita e un comportamento sociale “nuovo”, se lo confrontiamo a quello per cui sono educati attualmente la maggior parte degli esseri umani (individualismo, competitività, aggressività, avidità di denaro, guerra, ecc.). In verità non è nuovo perché fino a “recentemente” (circa 6.000 anni fa) eravamo non violenti. La nonviolenza è una soluzione sociale attiva e comporta empatia verso gli altri esseri viventi e l’ambiente. Ecco perché stiamo proponendo una vera “rivoluzione”, che è una restaurazione non una novità).

     A questo punto ci chiediamo cosa sia avvenuto intorno ai 10.000 anni fa (periodo neolitico) che ha cambiato il comportamento umano da non violento a violento e la risposta è la sedentarietà, ovvero la coltivazione dei cereali e l’allevamento degli animali. “Le tre regioni che indipendentemente inventarono la produzione di cibo furono il Medio Oriente (Turchia orientale e Mesopotamia) circa 10.000 anni fa, la Cina del sud circa 7.000 anni fa e l’America centrale circa 5.000 anni fa”. Sebbene non si possa mettere direttamente in relazione l’invenzione della produzione del cibo con la violenza tuttavia il formarsi di insediamenti umani - che con il passare del tempo da piccoli villaggi diventarono sempre più grandi - comportò inevitabilmente il formarsi di specializzazioni professionali (maniscalchi, falegnami, vasai, sarti, ecc.) prima e una stratificazione sociale poi che agli albori non aveva particolari pianificazioni politiche ma “più tardi, invece, la catena di eventi con rapporti di causa ed effetto avrebbe comportato consapevoli strategie sociali basate sulla violenza uomo-contro-uomo (Giorgi, 2001, 2008), una novità antropologica non ancora riconosciuta e discussa”.

     Dopo quanto detto“occorre anche una spiegazione neurologica di come due forme di comportamenti sociali molto complessi, la nonviolenza all’inizio della nostra specie e la violenza negli ultimi 6-7.000 anni circa, abbiano potuto essere trasmessi fedelmente da una generazione all’altra per periodi molto lunghi e in tante culture così diverse.” Le neuroscienze concordano nel ritenere che negli esseri umani l’informazione genetica non può definire, da sola, un comportamento sociale complesso ma deve essere appreso attraverso la trasmissione culturale da una generazione all’altra. Questo lungo processo inizia sin dalla nascita, quando il nostro cervello è ancora incompleto dal punto di vista funzionale e ha necessità di “fabbricare il proprio cervello per diventare un essere umano, cioè stabilisce i circuiti nervosi per camminare, parlare, usare le mani e interagire in modo empatico”; tutti comportamenti umani che sono acquisiti durante il completamento dello sviluppo del sistema nervoso centrale. Più tardi il cervello svilupperà i circuiti della memoria e dei rapporti associativi nella corteccia cerebrale, un meccanismo più lento e complicato per apprendere nuove conoscenze e comportamenti sociali. E’ evidente quanto il rapporto tra madre e neonato/a sia cruciale nella formazione di una persona umana cioè provvista di empatia, capacità di solidarietà, di cooperazione, di risolvere conflitti con soluzioni nonviolente e dotata di spiritualità.

     L’educazione e la consapevolezza di chi siamo (stati) e possiamo essere, sono la base del cambiamento radicale (possiamo chiamarlo rivoluzione) da attuare senza violenza, lentamente (durata 2-3 generazioni), legalmente e localmente, per salvare il genere umano e l’ambiente come lo conosciamo. Ma come impostare e strutturare questa rivoluzione? La risposta a questa domanda la troverete nell’esposizione dei punti b) e c) del libro di Giorgi. Buona lettura.    

*L’autore fa notare che quanto sta trattando non è uno studio scientifico di fisica (o matematica o chimica) dove un esperimento non confermato una volta può mettere in dubbio una teoria mentre in biologia, invece, esistono variabilità individuali, eccezioni, casi particolari e i fenomeni e le spiegazioni teoriche sono stabilite su basi statistiche: per questo dobbiamo concludere che nel Paleolitico non solo da 50.000 anni fa ma, per logica immaginabile, fin da 200.000 anni fa eravamo essenzialmente nonviolenti.

 La rivoluzione nonviolenta di Piero P. Giorgi (Gabrielli Editore, 2019, pagg. 127, € 13)

Piero P. Giorgi (B.Sc.Hons, PhD, Fellow AIB) ha fatto ricerca e insegnato in due Università in Italia, una in Inghilterra, due in Svizzera e una in Australia, nelle seguenti discipline: sviluppo biologico, neurologia, storia della medicina, educazione alla pace. L’autore ha collaborato alla creazione di una laurea in Studi sulla Pace e di un Centro di Ricerca Nazionale sulla Pace presso la University of Queensland, Brisbane (Australia). Per le sue pubblicazioni sulla pace si veda www.piergiorgi.org


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