di Gianni Quilici
Un viaggio di sette giorni da Trieste fino al promontorio estremo dell’’Istria, Promontore. Un viaggio che nasce da due spinte.
La prima: uscire dal chiuso del tavolino, da un sé, anche se aperto, curioso, e rompere, staccare, avventurarsi in un viaggio a piedi tra colline, montagne, paesi con negli occhi anche il mistero di ciò che non si è mai visto, che si può soltanto immaginare, che non si può prevedere, e che presenta ostacoli: fatiche, incognite, dubbi e qualche rischio.
L’altra spinta è implicita: un viaggio fisico, in cui l’esistenza diventa anche rappresentazione, corrispondenze, lettori e che può rimanere infine, come poi è accaduto, anche libro, memoria.
Ed essendo un viaggio ha bisogno di una preparazione: un sacco leggero con l’indispensabile per l’abbigliamento, due borracce d’acqua, uva secca, scarpe giuste ben collaudate, penna e taccuino, una mappa dettagliata. Ogni tappa ha una cartina disegnata con la lunghezza, il dislivello, il tempo più o meno necessario con illustrazioni di Alessandro Baronciani.
E‘ una guida?
Certamente lo è, perché suggerisce un itinerario dettagliato, tuttavia esplorativo, perché si inoltra in una natura rigogliosa e selvaggia, in cui è possibile anche incontrare lupi o addirittura orsi, dove i paesi conservano memorie del passato e sono fuori dai circuiti turistici. E quindi ecco il paesaggio aspro dei monti, le rupi vertiginose, gli strapiombi, i castelli, il sole che picchia feroce, gli incontri umani e camerateschi.
Ma come tutti i libri di Paolo Rumiz è molto di più di una guida, anche se questo non ha la stessa pregnanza e complessità di altri viaggi. Cito tra quelli letti Tre uomini in bicicletta, Il ciclope, Il filo infinito.
E’ un viaggio anche storico-politico “tra due mondi: le Alpi e il Mediterraneo; tre lingue: italiano, sloveno e croato; tre forti dominazioni: Roma, Venezia e l’impero d’Austria…. Un secolo fa, in questi luoghi, c’era un impero: l’impero austro-ungarico grande senza confini. Oggi l’impero si è ridotto in briciole e gli stati si sono venduti anche le strade ferrate, mandando in pensione, le linee periferiche. Privatizzazione la chiamano, ma è un gigantesco imbroglio . . . La Croazia, infatti, ha fatto una guerra in nome dell’indipendenza, ma oggi è in mano alle multinazionali”.
E infine è il viaggio di un narratore che va oltre la descrizione, raccontandoci e portandoti con sé e, qua e là, toccandoci poeticamente, quando la prosa stessa e il pensiero trasmettono, senza furbizie, emozioni.
Un esempio è questa meditazione sull’andare a piedi, un’invettiva che intreccia un pensiero certamente discutibile nella sua radicalità ad una passione sincera, umanistica .
“L’uomo che non cammina perde la fantasia, non sogna più e non legge più, diventa piatto e sottomesso, e questo è esattamente ciò che il Potere vuole da lui, per governarlo senza fatica, derubarlo di ciò che Dio gli ha dato gratuitamente e bombardarlo di cose perfettamente inutili a pagamento. Chi cammina, invece,capisce, parla con gli altri uomini, li aiuta a reagire a indignarsi contro questa indecorosa rapina che ci sta impoverendo tutti quanti. Il semplice fatto di mettere un piede davanti all’altro con eleganza, di questi tempi, è un atto rivoluzionario, una dichiarazione di guerra contro la civiltà maledetta dello spreco”
Oppure queste immagini così visive e limpide, sorprendenti e originali.
“L’alba è pulita, color mandarino”
“Scende un tramonto desertico ai colori di pesca, cui segue una notte da manuale di astronomia con greggi di stelle che migrano verso il campanile e Vega insolitamente luminosa, quasi un rogo azzurro”
Paolo Rumiz. A piedi. Universale economica Feltrinelli. Pag. 123. euro 8.50
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