02 aprile 2022

L’ultima immagine” di James Hillman e Silvia Ronchey

 

di Carla Rosco

           Nel 2011 muore James Hillman, considerato uno dei grandi filosofi contemporanei e illustre esponente della psicoanalisi junghiana. Fra tutti i suoi libri, ricordo “Re-visione della psicologia”, un corposo saggio del 1975 edito da Adelphi.

   Da poco uscito è “L’ultima immagine” (Rizzoli), a due voci: Hillman e Silvia Ronchey, docente ordinaria di Civiltà bizantina all’Università di RomaTre.

   La moglie di Hillman, Margot McLean, racconta che nel 2008 il marito voleva approfondire il suo pensiero sull’immagine, per cui pensò di fare un viaggio a Ravenna per vedere i mosaici insieme a Silvia Ronchey: “essere immersi nella fisicità di Ravenna era ipnotico”.

        Purtroppo Hillman dopo Ravenna si ammalò e nel 2011 per completare il lavoro la Ronchey fu invitata negli Stati Uniti, nel Connecticut: “So che James provò profondo piacere e gratitudine”.

       Il libro dunque documenta la volontà del filosofo e psicoanalista di vivere ad occhi ben aperti i suoi ultimi giorni, indagando, conversando, cercando di completare la sua ricerca sull’immagine. Da una parte Jung (la psiche è immagine), dall’altra la critica alle immagini surrogate e superficiali, quando l’immagine esteriore deve accendere il desiderio di beni materiali, distogliendo la psiche dall’immagine interiore, alla cui ricerca aspira l’immagine “vera”.

       “L’immagine è un arresto del movimento” dice Hillman, riprendendo Joyce, che a sua volta riprende Tommaso d’Aquino. L’immagine vera sospende l’atto, per andare oltre verso “la forma interiore, la forma psichica, la forma dell’anima”. E a Ravenna le immagini poggiano sull’immaginazione profonda: “Il nostro progetto, l’idea di scegliere Ravenna, si basa su questa domanda: che cosa possiamo imparare da quel momento? Dal crollo dell’impero romano d’occidente, dall’arrivo dei barbari? Io credo che possiamo imparare a usare la grande immagine verde: la natura...La sacralità della natura... che è opera nostra, perché è la psiche a costruirla”.

        Hillman ricorda che la fantasia di tracollo è molto presente nella società occidentale. Non la troviamo in Cina. Il mondo di oggi è un contesto storico perfetto rispetto all’idea di fine - la visita a Ravenna è del 2008, l’anno del crollo a Wall Street.

       Commentando il volto di Teodora, moglie di Giustiniano, Hillman sostiene che, in ogni immagine bizantina, gli occhi ci guardano con grande intensità. E’ come se guardassero attraverso di noi nella nostra anima, per invitarci alla coabitazione, alla tenerezza, all’accoglienza: “Una famosa preghiera indo-americana dice che siamo sempre guardati dagli alberi, guardati dal cielo, guardati dalle stelle ... Che tutte le cose ci guardano. Magnifica. E’ ciò che credo facciano le icone bizantine”.

        Il libro è corredato dalle fotografie dei mosaici, e la scelta di Ravenna  permette un parallelismo tra la caduta del mondo antico, travolto dalla devastazione barbarica, e il crollo del mondo prossimo venturo, prodotto dal suo modello economico e dalla distruzione ambientale conseguente.

        Grande la complessità dei temi toccati in questo documento eccezionale, che si muove tra Ravenna e la casa dove Hillman vive i suoi ultimi giorni: “Sto morendo, ma non potrei essere più impegnato a vivere”. Dopo l’introduzione di Silvia Ronchey, sono riportati i dialoghi e ogni dialogo ha un titolo.

 “L’ultima immagine” di James Hillman e Silvia Ronchey, Rizzoli pag. 251 euro 19

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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