19 dicembre 2022

“ La mia vita in bicicletta “ di Margherita Hack

 

 

di Carla Rosco

       Per scrivere di “La mia vita in bicicletta” di Margherita Hack vorrei partire da queste per me luminose parole: “Quell’anno avevano chiesto a me di condurre un corso di astrofisica ad Anterselva, sulle Dolomiti, in provincia di Bolzano. Fra i miei allievi c’era Massimo, un tipo anticonformista come noi (lei e il marito), capace ancora di indignarsi di fronte all’ingiustizia, alla stupidaggine e alla passiva rassegnazione davanti ai potenti, e con cui facemmo naturalmente amicizia”.

       Eccola la Margherita battagliera e capace di tenere alta la testa e vigile la mente, non solo per esplorare i mondi celesti.

       Una scoperta precoce la bicicletta e il piacere di fare lunghissime pedalate, anche a rotta di collo, giù per discese noncurante del pericolo: ”Con Andrea Falorni quell’estate del ’40 abbiamo girato molto in bicicletta ... un giorno ebbe l’idea di propormi di andare a Viareggio in bici ... Avevamo impiegato quasi dieci ore a fare i cento chilometri da Firenze a Viareggio e altrettante ce ne mettemmo a tornare, e finalmente verso le quattro di mattina eravamo a casa”.

        Nata a Firenze nel 1922, “allora il babbo era impiegato alla Valdarno, l’azienda elettrica toscana ... la mamma, che era maestra e diplomata all’Accademia delle Belle Arti, aveva lavorato come impiegata al telegrafo, e poi aveva lasciato quando ero nata io”, a Firenze cresce e frequenta le scuole.

        Nel maggio del 1940, in classe, durante l’intervallo c’è una discussione con alcune compagne sull’invasione tedesca di Danimarca, Olanda, Belgio: “Io stigmatizzavo questa prepotenza nazista, l’alleanza con Hitler, le vergognose leggi razziali”. Stavano per venire alle mani, quando entrò in classe il professore di matematica, fascista sfegatato. La Hack fu sospesa per venti giorni ed ebbe sette in condotta.

       All’università si era iscritta a Lettere, ma si annoiava; si ricordò allora che al liceo la materia preferita era fisica e cambiò subito facoltà, iscrivendosi a Fisica: “Al pomeriggio ci trasferivamo ad Arcetri, sul colle a sud di Firenze dove sorge  l’osservatorio astrofisico e dove Galileo, dopo esser stato costretto ad abiurare, aveva vissuto gli ultimi anni della sua vita ‘agli arresti domiciliari’ nella villa Il Gioiello”.

       Un passo dopo l’altro per una carriera davvero brillante: ha insegnato all’università di Trieste, divenendo in seguito professore emerito di astronomia; ha lavorato presso osservatori italiani, americani ed europei, oltre ad aver diretto quello di Trieste (1964 - 1987); ha collaborato con l’Agenzia Spaziale Europea (ESA).

       A settantacinque anni va in pensione, torna a giocare a pallavolo e a fare gite in bicicletta, poi però arrivano tre bypass: “dovrò decidermi ad attaccare la bicicletta al fatidico chiodo”.

 Margherita Hack. La mia vita in bicicletta, ediciclo editore

 

 

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