21 gennaio 2024

" Due poesie" di Anna Maria Lapini

 


di Gianni Quilici

Nel 1987 moriva, una mia amica, Anna Maria Lapini. Due anni dopo scrivevo su una rivista “Il grande vetro” su di lei, attraverso la pubblicazione di due poesie. Ho guardato sul web. Non c’è niente su di lei. E queste poesie meritano di essere ricordate. Così le ho ritrovate e le pubblico su L. R., senza cambiare (quasi) niente.   

Anna Maria Lapini è morta. Due anni fa. (Oggi sono 36 anni)

Per un male incurabile. A soli 35 anni.

Quando la morte era ancora lontana da lei.

Quando ancora la vita era aperta davanti a lei.

Perché la esplorava (la vita) e si appassionava e la cambiava e si trasformava.

Lentamente tendeva a farsi più libera a levarsi laccioli di dosso.

Per questo con lei si poteva cominciare di nuovo, riprogettare, non c’erano limiti aprioristici.

 

Ho davanti queste due poesie di Anna Maria Lapini. Non sono un critico letterario ( se non per un irriducibile gusto estetico). Le leggo attraverso i suoi occhi, che erano belli: azzurri e concentrati, guardavano e  sapevano vedere.

Scrivo impressioni di getto: nelle due poesie mi piace l’autenticità – come si scriveva in tempi cattolico-esistenzialisti- che dice senza nascondersi; mi piace la complessità che accumula dati, ma senza chiudere (ma anche momento di altri silenzi  che ancora cercano il loro dirsi.); mi piace la narratività con cui si intravedono fili, storie, personaggi ( il padre su tutti); mi piace l’accumulo di pathos ( in Ho cercato il mio linguaggio); e di sentimento lieve e tenero  (in  E’ bello ritrovars i nei sorrisi degli amici) che attraversa quei versi;  mi piace la musicalità evidente; mi piace quel “respiro” che dilata.

 

 E’ BELLO RITROVARSI NEI SORRISI DEGLI AMICI

E’ bello ritrovarsi nei sorrisi degli amici

Parlare con loro il linguaggio di sempre

 riconoscere il suono di ogni parola

 e andare al di là del suo senso.

 

  È bello incontrarsi ogni sera o incontrarsi di rado

 perdere insieme il tempo, il sonno, la voglia di fare

 stare così, anche in lunghi silenzi, vicini o di fronte

 nascondersi o scoprirsi senza intenzione, quasi per gioco

lasciarsi con indifferenza e rivederci allo stesso modo. 

 

è così che fermi il tempo e lo fai tuo.

 

HO CERC ATO IL MIO LINGUAGGIO

Ho cercato il mio linguaggio

negli incanti di sonore parole.

Ho passato i giorni a riscrivere libri.

Con sgomento ricercavo in lontani mattini

quel fluido dirsi delle parole

che la sera sorprendeva il mio essere quieto

 libero ora dalle paure

 e dal peso dell’antico silenzio

che mio padre contadino

 rompeva solo con parole essenziali

timorose di farsi discorso.                           

 

Ma quando il mattino il linguaggio  ritornava rapporto sociale

esperienza di una identità contraddittoria e colpevole

le parole perdevano la sicura armonia della sera

 e con la difficoltà del loro dirsi

Incontravano ancora il silenzio.                         

 

 Ora che ho imparato a parlare

che le parole hanno col potere un rapporto sicuro

  e sono anche un linguaggio che in sé cerca

 e ritrova il suo incanto

 ora la parola è potere

potere aggressivo e censorio, lucido e castrante,

è gioco, riflessione, politica, poesia, persuasione, letteratura, critica 

è la tela di ragno della mia esperienza

ma anche momento di altri silenzi 

che ancora cercano il loro dirsi. 

               da “Il grande vetro” 99

                       aprile-maggio 1989

 


 

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