Mira Giromini con Antonio Possenti |
E’
relativamente poco che faccio interviste ad artisti; e normalmente la traccia
di domande che preparo viene leggermente stravolta per l’abbondante spazio di
tempo che lascio all’intervistato. Con Antonio Possenti le domande sono state
completamente stravolte e non solo le domande che facevo io a lui sono
diventate punto di partenza per nuove riflessioni ma sono nate domande del
tutto nuove in un apparente programma che non è mai stato programmato. L’idea
principale era quella di chiedergli come vive, di parlare della sua casa come
prolungamento della sua personalità, la casa come immagine dell’uomo e di ciò
che pensa dunque come dalla casa possa emergere la sua poetica artistica. Nella
realtà è emersa un’immagine diversa da quella che mi aspettavo: Possenti non è
un collezionista, dunque non archivia e non classifica; ha cominciato
parlandomi della psicanalisi (sarebbe da analizzare il perché siamo partiti
dalla psicanalisi) per poi descrivermi gli osservatori delle sue opere e
concludere su che cosa sia veramente il mestiere dell’arte e del pittore che si
sovrappone e si incarna con la vita dell’eremita.
Gli mostro delle foto e in una di
queste c’è l’immagine di Cesare Musatti; così inizia a parlare dell’incontro
con uno dei psichiatri e psicanalisti più famosi d’Italia.
Ho
fatto una mostra su Freud alla Galleria d’arte a Milano, avevo rappresentato i vari
momenti della vita di Freud, alcuni quadri erano abbastanza criptici e nascosti
e tra questi ve n’era uno inventato e da me intitolato: “Freud e le balene” . Si vedeva il mare e Freud sulla spiaggia con
quelle balene che faccio spesso. Cesare Musatti che era già anziano riconobbe
le varie rappresentazioni, anche quelle difficili che avevo rappresentato e scelto
sulla vita di Freud ma di fronte a “Freud
e le balene” rimase turbato, pensò a qualche sogno che non conosceva, si
fermò a riflettere, ed essendo anziano, forse pensò anche ad una sua
dimenticanza senile ma mentre continuava a riflettere sulla mia rappresentazione
alla fine gli dissi “professore guardi è
una mia invenzione”. Musatti reagì bene, era un tipo ilare.
Certamente
tante cose vengono dall’inconscio. La fantasia si alimenta con l’inconscio
altrimenti crolla, ma in un dipinto di fantasia vengono ribaltate le prospettive
e le forme naturalistiche, è un mondo altro che ha degli elementi che vengono
organizzati e si prestano in modo tale da poter essere sottoposti ed
interpretati dalla psicanalisi, ma la psicanalisi ha poco a che vedere con l’arte;
essendo una scienza sistematica, con concetti ben collegabili tra di loro, non
per niente gli psicanalisti trovano i miei quadri una fonte inesauribile di
analisi.
Dunque nei quadri c’è una parte
razionale programmata ed una parte istintiva e quest’ultima non può essere
ricondotta per forza alla psicanalisi?
E’
chiaro che il pittore fonda la propria opera sulla fantasia e l’immaginazione e
attinge per lo più i propri motivi ispiratori dal mondo dell’inconscio;
difficilmente il pittore può dare spiegazioni di carattere razionale e la
psicanalisi ha poco a che vedere con l’arte .
L’ispirazione
si costruisce da dentro, una certa situazione ti dà modo di sviluppare o
eliminare certe cose che già sono nel quadro; di agire per analogie per
contrapposti; anche il colore non è mai razionale, è misterioso in questo tipo
di pittura. Non è così in Mondrian che è uno scienziato attento all’uso del
colore. In questo mio tipo di pittura il colore non è razionale.
Per
dare la spiegazione di ciò che è razionale e ciò che non lo è si può fare un
tranello agli amici psicanalisti e dimostrare il limite della psicanalisi rispetto
all’interpretazione della pittura. Ammetti che abbia la finestra del mio studio
che si affaccia su un paesaggio lombardo in cui ci sono diverse fabbriche; io
ho la mania di fare, come faceva Monet, questo paesaggio nelle varie ore del
giorno. Queste fabbriche, almeno la maggior parte, hanno delle ciminiere che
analizzate in psicanalisi sono un simbolo fallico mentre invece io non ho
assolutamente questa idea. Questo è naturalmente un esempio banale e portato al
limite estremo ma sta a dimostrare che la mia sola intenzione è quella di
riprodurre la realtà mentre la psicanalisi vuole per forza trovare un senso
nascosto nelle opere e definire l’inconscio dell’artista. La verità è semplice io
voglio dipingere.
Gli oggetti fisici sono fonte di ispirazione
per i suoi quadri?
Sicuramente.
Ogni cosa è fonte di ispirazione o meglio“occasione” . La cosa curiosa del
pittore è che tutte le cose che vede sono “occasione di pittura”, allora si
impara sempre, si percepisce sempre qualcosa anche da elementi che non hanno
niente a che vedere con la pittura; la posizione di un oggetto mi fa pensare a
come posso rappresentarlo o rappresentare altra cosa con quella forma o posizione.
Si considera un collezionista?
Io
non sono assolutamente un collezionista, sono piuttosto un “raccoglitore
d’oggetti” che mi piacciono. La differenza sostanziale è che il collezionista
prende qualsiasi cosa di cui colleziona, bella o brutta che sia. Io non faccio
così, io amo i rinoceronti ne ho tantissimi, è il mio animale preferito. Il
collezionista prende qualsiasi cosa che riguarda i rinoceronti. Io prendo solo
quelli che mi piacciono. Sarebbe come se facessi la collezione di francobolli e
io prendessi solo quelli che mi piacciono, un collezionista vero non lo farebbe
mai. In questo modo ho cose di valore accanto a oggetti che non valgono niente ma
che mi piacciono. E poi non posso essere un collezionista perché sono
disordinato.
Mi
piacciono le cose, ma la ricerca non è in funzione della pittura, non prendo
l’oggetto per poi rappresentarlo; diventa piuttosto l’inverso. In questo mondo
così vario, come forme, come origine e destinazione mi servo delle cose dopo che
l’ho prese, così si crea una specie di atmosfera.
Si crea una specie di wunderkammer?
Si,
una specie, ma non in senso scientifico. La wunderkammer era dettata dal senso
del meraviglioso e dello straordinario, suscitava stupore, era in funzione del
visitatore, nella mia casa questo elemento non c’è.
In
alcuni oggetti esiste, da parte mia, la considerazione della bellezza del kitch
estremo. Nel senso di cose dichiaratamente mediocri che però vengono portati all’eccesso
della mediocrità e assumono un certo tipo di validità. Ti do un esempio: ho fatto
mettere in cornice una locandina dove c’è Moira Orfei, che è il massimo del
kitch; è chiaro che questo tipo di recupero è in funzione ironica, non certo alla
ricerca di valori. Per un po’ di tempo è stata qui nel mio studio. In quei
giorni mi vennero a trovare delle persone: una, che mi conosceva bene e quindi
sapeva dei miei gusti e condivideva con me questa mio lato ironico; l’altro
invece che considerava criticamente la scelta di incorniciare Moira Orfei, probabilmente
perché gli sembrava inopportuna o per lo meno incomprensibile. Del resto
succede la stessa cosa anche in pittura alcuni la capiscono altri no, altri ancora
capiscono solo gli aspetti superficiali. Il panorama è vasto. Coloro che si
avvicinano alla pittura sono un repertorio di situazioni psicologiche ampio che
sarebbe bello da poter analizzare per farne un repertorio scientifico.
Mi può fare alcuni esempi di questi
repertori di visitatori nel suo studio?
Tempo
fa avevo fatto una serie di strisce di cartone uguali per soggetto: strisce in
cartone verticali e strette il cui soggetto era il volto di una persona e sopra
la testa una serie di uccelli colorati uno sopra l’altro; la mia idea era quella
di arrivare a una cinquantina. Doveva venire a trovarmi da Roma un amico con la
moglie. Arrivato nel mio studiò era da solo, cominciò a guardare i quadri
cercando quello che gli piacesse dunque chiamò la moglie al telefono descrivendo
le opere, a quel punto la moglie chiedeva qualcosa circa la scelta e lui disse :“so’ tuttti uguaalii”. L’uomo non vedeva
il fatto che gli uccelli erano uno diverso dall’altro, caratteristici; vedeva
il solo soggetto.
Un altro episodio?
Racconto
spesso questo aneddoto. Quando mi dicono, in forma di elogio “I suoi quadri non mi vengono mai a noia, ci
trovo sempre qualcosa di nuovo”. Per dimostrare che i quadri sono sempre
gli stessi e siamo noi che cambiamo ogni giorno e ogni momento, mutando il modo
di vedere le cose e il rapporto che abbiamo con queste racconto questo episodio.
Mi
si presenta un signore che esordisce dicendomi se mi ricordavo di lui; in
verità io sono di memoria labile e non mi ricordavo ma parlandomi insieme mi
venne in mente che anni prima quest’ uomo venne a trovarmi insieme con la sua
allora fidanzata; i due erano felicemente innamorati, camminavano ad un metro
d’altezza e scelsero insieme un quadro che rappresentava un uomo e una donna di
profilo che sembrava che si guardassero; immedesimandosi nella coppia dissero
di prender quel quadro perché i due si guardavano vicendevolmente come loro due
in quel momento. Mi venne spontaneo a quel punto domandargli se avesse sempre
quel quadro che aveva comprato con quella ragazza. A quel punto l’uomo mi
rispose: “Non me ne parli, anzi voglio
darlo via, sono una coppia che si guarda in cagnesco”. L’uomo aveva
ribaltato assolutamente l’immagine e il significato dello stesso quadro. In alcuni
miei quadri veramente complessi si possono trovare elementi nascosti che col
tempo si possono scoprire ma in realtà l’aspetto sostanziale non muta. Il
dipinto era lo stesso ma quest’uomo aveva cambiato radicalmente la sua visione
delle cose in relazione al suo mutare interiore.
Mi viene in mente un quadro di un
uomo e una donna di profilo con una torta in mezzo a loro che si sta sciogliendo,
qual è il significato?
Lo
faccio spesso è l’anniversario di matrimonio; è un soggetto, che riguarda il
deperimento delle cose, se si vuole è un soggetto un po’triste. E’ l’anniversario
di matrimonio di due vecchi: c’è l’uomo in frac, la donna con il velo bianco,
rappresentati quasi come due mummie e in mezzo a loro la torta a cupola che si
disfà. C’è un contrappasso tra quella che è la volontà del ricordo e quello che
è la realtà. Vi sono aspetti e cose di un occhio oggettivo insieme alla soggettività.
Non è detto che una vecchia coppia, non stia più bene insieme dopo tanti anni; quindi
dal loro punto di vista è una festa, ma dal punto di vista oggettivo il tempo è
passato. E’ comunque l’immagine del deperimento delle cose. Quando si parla di
deperimento si dà sempre un’accezione negativa come se fosse lo scomparire del
tempo e l’avvenire del brutto ma se uno guarda bene, le cose non stanno così:
uno ha il suo periodo di vita e poi scompare, a cominciare dalla nostra vita. Se
uno guarda la cosa serenamente non ne vede l’aspetto negativo, cioè la
flessione della bellezza e la sua distruzione, vede solo il trascorrere del tempo
rispetto alla natura.
Nei suoi quadri esistono delle
simbologie?
Non
faccio mai niente di simbolico, piuttosto una cosa rappresenta metaforicamente
qualcos’altro, anche se poi ogni cosa può essere interpretata come simbolo,
specialmente quello che rappresento non essendo perfettamente integrato
nell’ambiente circostante diventa un messaggio simbolico. Un dipinto di Morandi
è difficile che abbia qualcosa di metaforico, è un’interpretazione pittorica di
alto livello. Chi fa operazioni come quelle che faccio io, ed insieme a me tanti
altri, possono avere implicazioni simboliche.
Per
esempio una cosa che faccio molto spesso è la mezza mela che ha circa una
cinquantina di interpretazioni. Riflettendoci può essere la rappresentazione
del passare delle cose o la metafora del tempo che scorre ed ancora è una simbologia
di carattere sentimentale (due mezzi che insieme formano un’unità). Occorre
pensare che per il pittore l’oggetto della sua intenzione è la pittura, questo
non va mai dimenticato. Io principalmente intendo fare una mezza mela.
Per
questo motivo dico sempre ai pittori che fanno cose astratte di mettere “senza titolo” o una numerazione; perché ricollegare il titolo a
qualcosa di naturalistico permette a chi guarda di vedere cose che non ci sono e
che dipendono solo da alcune conformazioni della pittura che il pittore non ha
assolutamente voluto.
Qual’ è il rapporto con gli animali?
Nella
mia vita ho avuto molti animali, soprattutto cani e per diverse ragioni sono
attratto dal mondo animale. Gli animali hanno un carattere unico: l’innocenza.
Qualsiasi cosa facciano sono la manifestazione dell’innocenza. Non esistono
animali cattivi. Se il cane mi morde qualche ragione per cui lo fa ce l’ha;
l’innocenza è l’aspetto migliore della natura che più di ogni altra cosa mi
affascina nell’animale.
Io
dico sempre quello che penso e almeno per la metà di quello che dico non è
vero, nel senso che non corrisponde alla realtà, è solamente una mia visione;
per esempio riguardo al mutamento delle cose. La vita migliore è quella
dell’eremita. Agisce secondo i suoi criteri. Non sente la costrizione, è chiaro
che si vieta tante cose come il contatto e dialogo che fanno parte della vita, ma
è nella perfetta felicità.
Mi spieghi meglio la figura
dell’eremita.
E’
chiaro che l’eremita implica la privazione di tante cose importanti, come per
esempio lo scambio delle idee però implica anche l’assoluta libertà. I
condizionamenti sono subdoli, vivere in società implica l’assuefazione, la
metodicità di comportamenti che poi sono anomali rispetto alla propria natura. Io
non vivo come un eremita, ma facendo il conto delle ore della mia vita sono stato
molto solo, si direbbe che sono molto di più le ore solo che in compagnia.
L’eremita come simbolo della ricerca
interiore?
No,
l’eremita in quanto necessità. L’artista è un mestiere che non implica una
relazione con l’altro, tanto più è l’aspirazione a esprimere tanto più è bello
stare soli, stare lontano da una realtà sociale.
In questo spazio eremitico c’è la solitudine?
Si
solitudine e soprattutto il silenzio. Oggi non c’è luogo dove non ci sia una musichina, spazi con delle musiche di
contorno che per la maggior parte del tempo non sono mai sentite, sono
sottofondi che credo che derivino dal cinema. Abbiamo associato il fatto che la
musica possa essere un la colonna sonora della nostra vita, a volte la musica è
perenne e martellante come nei locali, sulle strade, nei negozi, è veramente
triste .
Gli
elementi importanti sono: silenzio e solitudine.
L’eremita ha una lampada di fronte
ai suoi occhi, è l’immagine della luce interiore?
No,
secondo la rappresentazione dei tarocchi, è la ricerca in senso stretto. La
ricerca come diceva Diogene, la lampada fa si che l’uomo veda e possa cercare.
A questo punto come mi può
descrivere la figura dell’artista?
L’artista
è un concetto recente del Novecento. Nel passato c’era l’artigiano che sapevano
fare. Poi è stata data più importanza all’invenzione e al concetto che alla
tecnica. Al di là di questo l’artista cerca di fare il meglio; come l’ingegnere
o il dottore cercherà di fare il meglio; sotto questo profilo non vedo
differenze tra i lavori. Certo è che il sacrificio è minore; chi fa questo
mestiere è fuori dalla “perdizione di
Adamo”. L’artista è il meno penalizzato tra i lavori, il fatto di vedere e
far vedere quello che hai nella mente è immediato, non obbliga a conoscere una
grammatica per farsi apprezzare. L’attività che svolgo è una specie di esercizio all’emozione.
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