08 dicembre 2014

" World Press Photo 14" di Gianni Quilici



Uno sguardo 
sul nostro Pianeta

Sono sempre un’apertura sullo stato di salute del nostro Pianeta le mostre del World Press Photo 14, del concorso fotografico, cioè, più importante internazionalmente, giunto questo anno alla 57esima edizione.

Ad organizzarlo nella chiesa di San Cristoforo, non certamente il massimo come contenitore, è, come ogni anno, il Photolux Festival, succeduto al Photo Digital Fest, diretto da Enrico Stefanelli.

Sono scatti scelti da un ristretto numero di esperti fra migliaia e migliaia  di foto, inviate da professionisti di tutto il mondo. Foto di sport e di natura, di ritratti e di reportage.

Non sono spesso, di per sé, grandi scatti, perché viene valorizzato molto ciò che queste foto rivelano: problemi nascosti ( o quasi) e naturalmente eventi che hanno scosso l’opinione pubblica. Abbiamo quindi reportage anche su fatti poco noti o largamente sconosciuti. Per fare degli esempi: il divieto dell’omosessualità nella repubblica democratica del Congo; un rifugio per 250 cani randagi, creato in Malesia da una signora tedesca; una bambina di 10 anni di una riserva indiana che dalla nascita non si taglia i capelli; una veduta aerea dell’inquinamento prodotto da una centrale elettrica che contiene cenere di carbonio, eccetera, eccetera.

Detto questo qual è il reportage che più mi ha colpito?
Sono quattro scatti di Rahul Stanmeyer su un edificio di 8 piani crollato in Bangla Desh, che ha ucciso più di 1100 persone. Stanmeyer riesce  a condensare in soli pochi scatti il senso della tragedia. Dapprima in un campo lunghissimo che abbraccia l’intera grande piazza con le macerie e con altri palazzi letteralmente smembrati,  e migliaia di persone disposte da tutte le parti come tante formichine; i soccorritori che scavano, colti da vicino in un quadro d’insieme; un’operaia rimasta sepolta e portata via con la maschera d’ossigeno sul volto; e un primissimo piano molto intenso su una ragazza che piange, di cui vediamo una lacrima scendere sul volto.


Ma non meno espressivo è il reportage di ribelli dell’esercito siriano (ESL), che stanno attaccando un ceckpoint del governo a Damasco e vengono colpiti. Nell’ultima grande immagine vediamo le schegge e i frammenti di un muro colpito, mentre un soldato si ripara la testa con le nude mani. Foto che coglie l’attimo in una situazione pericolosa pure per il fotografo serbo Goran Tomasevic.

E come ritratti?

La delusione di una ragazza, che non ha potuto omaggiare la salma di Mandela, di cui il fotografo Markus Schkeiber rappresenta in primo piano il bel volto raccolto nel momento in cui appoggia alle labbra una piccola croce.





Ed infine la bellezza armoniosa e vagamente feroce di un puma, che percorre un sentiero del Griffith Park sorpreso da Steve Winter sulla lunga distesa di una Los Angeles tutta luci.

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da Lo schermo.it

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