Uno
sguardo
sul nostro Pianeta
sul nostro Pianeta
Sono sempre
un’apertura sullo stato di salute del nostro Pianeta le mostre del World Press Photo 14, del concorso fotografico, cioè, più importante
internazionalmente, giunto questo anno alla 57esima edizione.
Ad organizzarlo
nella chiesa di San Cristoforo, non certamente il massimo come contenitore, è,
come ogni anno, il Photolux Festival, succeduto al Photo Digital Fest, diretto da Enrico
Stefanelli.
Sono scatti scelti
da un ristretto numero di esperti fra migliaia e migliaia di foto, inviate da professionisti di tutto
il mondo. Foto di sport e di natura, di ritratti e di reportage.
Non sono spesso,
di per sé, grandi scatti, perché viene valorizzato molto ciò che queste foto
rivelano: problemi nascosti ( o quasi) e naturalmente eventi che hanno scosso
l’opinione pubblica. Abbiamo quindi reportage anche su fatti poco noti o
largamente sconosciuti. Per fare degli esempi: il divieto dell’omosessualità
nella repubblica democratica del Congo; un rifugio per 250 cani randagi, creato
in Malesia da una signora tedesca; una bambina di 10 anni di una riserva
indiana che dalla nascita non si taglia i capelli; una veduta aerea
dell’inquinamento prodotto da una centrale elettrica che contiene cenere di
carbonio, eccetera, eccetera.
Detto questo qual
è il reportage che più mi ha colpito?
Sono quattro
scatti di Rahul Stanmeyer su un
edificio di 8 piani crollato in Bangla Desh, che ha ucciso più di 1100 persone.
Stanmeyer riesce a condensare in soli
pochi scatti il senso della tragedia. Dapprima in un campo lunghissimo che
abbraccia l’intera grande piazza con le macerie e con altri palazzi
letteralmente smembrati, e migliaia di
persone disposte da tutte le parti come tante formichine; i soccorritori che
scavano, colti da vicino in un quadro d’insieme; un’operaia rimasta sepolta e
portata via con la maschera d’ossigeno sul volto; e un primissimo piano molto
intenso su una ragazza che piange, di cui vediamo una lacrima scendere sul
volto.
Ma non meno
espressivo è il reportage di ribelli dell’esercito siriano (ESL), che stanno
attaccando un ceckpoint del governo a Damasco e vengono colpiti. Nell’ultima
grande immagine vediamo le schegge e i frammenti di un muro colpito, mentre un
soldato si ripara la testa con le nude mani. Foto che coglie l’attimo in una
situazione pericolosa pure per il fotografo serbo Goran Tomasevic.
E come ritratti?
La delusione di
una ragazza, che non ha potuto omaggiare la salma di Mandela, di cui il
fotografo Markus Schkeiber rappresenta
in primo piano il bel volto raccolto nel momento in cui appoggia alle labbra
una piccola croce.
Ed infine la
bellezza armoniosa e vagamente feroce di un puma, che percorre un sentiero del
Griffith Park sorpreso da Steve Winter
sulla lunga distesa di una Los Angeles tutta luci.
da Lo schermo.it
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