19 gennaio 2021

“Binario sette” di Louise Doughty

 


di Angela Giovanna Palermo

 Binario Sette è la storia di un fantasma, Lisa Evans, che viene trovata morta alle quattro del mattino al binario sette della stazione di Petersborough.

Il fantasma di Lisa vaga inquieto all’interno della stazione dove, lentamente, riacquista la memoria di ciò che l’ha condotta alla morte. L’acquisita coscienza delle ragioni della sua morte liberano il fantasma di Lisa che potrà finalmente riposare in pace.

Il romanzo di Louise Doughty si presenta come un avvincente giallo venato da tinte fortemente noires che tracciano il percorso tortuoso del dramma di una giovane donna, Lisa, che si ritrova irretita all’interno di una relazione con un affascinante e premuroso medico, Matthew, che la abusa psicologicamente.

Dopo una parte iniziale un po’ lunga e a tratti noiosa, in cui il fantasma di Lisa si pone una grande quantità di domande sul suo stato “evanescente” e sul mondo reale che vede transitare ogni giorno nella stazione in cui è intrappolata, con simpatiche caratterizzazioni dei personaggi, a mano a mano il romanzo scende più in profondità, cambiando anche il registro linguistico che si fa meno discorsivo e più introspettivo; fino ad arrivare a toccare il culmine della profondità nella descrizione meticolosa dell’abuso emotivo che è il vero protagonista del romanzo.

Uno dei casi in cui più di frequente si verifica un rapporto come quello tra Lisa e Matthew che potremmo definire “sadomasochistico”, è quando uno dei due partner presenta una costruzione patologica della personalità che Bleger, citato da Sassanelli nel suo volume “Le basi narcisistiche della personalità” (1982), ha definito “Sé grandioso parassitario”, riferendosi proprio a un altro romanzo, magnifico capolavoro indiscusso della letteratura: “Il riposo del guerriero” di Christiane Rochefort, in cui la narrazione, pur nelle enormi differenze rispetto a “Binario Sette”, si regge sull’analisi di un rapporto di coppia che si può definire francamente patologico.

Sono ammirevoli la lentezza e la semplicità con cui l’autrice disegna i contorni dell’abuso, partendo da quelle che potremmo definire le basi apparentemente normali di un rapporto di coppia come tanti che, a mano a mano, si trasforma in un inferno.

In effetti, caratteristica delle relazioni come quella di Lisa e Matthew, è proprio il crescendo dell’abuso emotivo all’interno della coppia che diventa disfunzionale grazie a precisi schemi disfunzionali che si traducono in tappe fatte di vissuti di perdita, doppi legami, sopraffazione; fino ad arrivare a un incastro patologico che si traduce in una co-dipendenza difficile da gestire e finanche all’annientamento di uno o di entrambi i membri della coppia, come è il caso del romanzo in questione.

Matthew si presenta a Lisa, giovane donna, insegnante, dalla personalità apparentemente integra che conduce un’esistenza serena e soddisfacente, in un momento in cui lei è particolarmente debole: si è rotta un piede ed è sola in ospedale, ha difficoltà a deambulare e a rientrare a casa.  Matthew si pone fin da subito come un medico premuroso, disponibile, affascinante.

Lisa vive dunque un momento di impoverimento di energie vitali; ed è questo solitamente il momento in cui avviene l’aggancio da parte del Sé grandioso parassitario (Matthew) che irretisce la vittima (Lisa), che diventa il depositario della patologia, in una complessa dinamica di collusione. C’è un momento prima dell’irretimento vero e proprio, in cui Lisa ha sentore delle “stranezze” di Matthew: un senso di incredulità la pervade, ma questo non fa che accentuare la sua attrazione per quel giovane, bellissimo medico che le fornisce fin da subito una sorta di rifornimento libidico da cui lei diventerà presto dipendente e che si tradurrà in un craving sessuale che attiva livelli molto profondi di eccitazione.

C’è anche un momento in cui Lisa si rispecchia inconsapevolmente nel viso di una donna vittima di violenza che la guarda dalla finestra. Ma tutti i segnali sono rimossi, non appena inizia l’opera di seduzione e irretimento, così come avviene con la paura di Cappuccetto Rosso nella versione di Perrault, quando bussando a casa della nonna sente il vocione del lupo e, razionalizzando, pensa che la nonna sia raffreddata.

Matthew ostenta fin da subito sicurezza, le verità che pronuncia, anche le più banali, appaiono inconfutabili e questo infonde in Lisa un senso iniziale di sicurezza che presto si trasformerà nella più totale perdita del suo senso di Sé, grazie a una costante e studiata opera di destrutturazione del Sé di Lisa, attraverso i mezzi privilegiati della svalutazione, del gaslighting, delle minacce di abbandono, della provocazione di sensi di colpa e, soprattutto, grazie a una capacità che possiede il Sé grandioso parassitario: quella di parlare al depositario attraverso l’inconscio, capace di metterlo a diretto contatto con il mondo interno del depositario. Matthew, infatti, utilizza abilmente la facoltà dell’intuizione che gli permette di cogliere gli aspetti più nascosti e più segreti di Lisa, sconosciuti a lei stessa. Lisa è dunque costantemente confusa tra un messaggio non verbale implicito e un messaggio verbale e comportamentale che smentisce il precedente, per cui si trova impigliata in una rete inestricabile di doppi messaggi. Si prenda ad esempio l’episodio in cui Matthew raccoglie il sassolino nel parco mentre sogna una famiglia con lei: due azioni antitetiche che provocano in Lisa agonia e cessazione dell’agonia. La narrazione di questo episodio è molto efficace per far comprendere il valore allusivo e simbolico della comunicazione di Matthew che per Lisa diventa difficilmente mentalizzabile.

L’assoluta mancanza di rispecchiamento da parte della personalità narcisistica di Matthew, induce Lisa a proiettare i suoi bisogni sull’amato e a questo punto lei tocca il punto di non ritorno: il suo bisogno estremo di avere un oggetto che in Matthew sfugge, la conduce a porsi lei stessa come oggetto libidico bisognoso nei confronti del Sé grandioso, il quale nega il proprio bisogno di dipendenza che, invece è estremo, e provoca in Lisa una dipendenza mortifera, dosando alla perfezione il suo darsi e non darsi. Basta una piccola discussione, un accenno di dissenso, una discrepanza nell’adesione incondizionata del depositario al Sé grandioso, che questi si sottrae, precipitando il depositario in una situazione ingestibile di subbuglio emotivo.

A questo punto del romanzo, siamo alla parte quinta, l’effetto visibile del continuo perpetrarsi di un abuso emotivo invisibile a tutto l’entourage di Lisa, ma ben reale e forse decodificabile dall’esterno, è la brusca decathexis di ogni precedente investimento nel rapporto da parte di Lisa che, già in vita, è sempre più simile a un fantasma, privata volontariamente da Matthew di ogni energia vitale. A tal proposito è emblematica la narrazione del climax ascendente dell’insonnia di Lisa che, l’unica volta in cui è riuscita ad addormentarsi, dopo mesi, è stata bruscamente svegliata da Matthew che ha bisogno che il suo depositario sia ridotto a una larva, per accogliere le sue schegge psicotiche che, altrimenti, verrebbero espulso, con la conseguente morte del Sé grandioso.

A questo punto del romanzo Lisa è completamente annientata, svuotata, ha perso completamente il senso della sua identità e gli schemi perversi della relazione si palesano ogni giorno in maniera più insopportabile ed è agghiacciante per il fantasma di Lisa che narra, rendersi conto di quanto Matthew fosse lucido e consapevole: egli, infatti, aveva conservato un biglietto che Lisa aveva scritto in uno dei vari, infruttuosi tentativi di separazione da lui. Più volte Lisa, oramai consapevole, invece di scappare, rimane a fianco del suo abusatore perché non ne può più fare a meno.  Una notte guarda Matthew accovacciato sul terrazzo, ne percepisce il nucleo fragilissimo che caratterizza ogni personalità narcisistica e scatta in lei la volontà di salvarlo, fino a quando si renderà conto che questa è un’impresa impossibile.

Credo che manchi, in tutto il romanzo, ma in particolare nella parte quinta, la giusta profondità di analisi psicologica che non permette al lettore di comprendere fino in  fondo la difficoltà dello svincolo da parte dei membri di una coppia dipendente.

Lisa ha senza dubbio una personalità con un nucleo di integrità molto forte che l’ha salvata, ma questo non le basta per compiere il passo dello svincolo dal Sé grandioso parassitario.

Nel romanzo Lisa scappa più volte, per poi tornare ed essere nuovamente “inghiottita” da Matthew che la cerca più volte di notte per riportarla a casa, in una dinamica patologica sottile in cui egli recita la parte dell’angelo salvatore, esattamente come al momento del loro primo incontro. Mettendo in parallelo questa recita di Matthew, con quella che reciterà con la sua nuova fiamma, una volta morta Lisa, si può comprendere un aspetto fondamentale delle personalità narcisistiche: non è importante cosa recitino, ma è fondamentale che abbiano un copione, un ruolo qualsiasi in cui infilarsi; quando questo non succede, quando a Matthew non viene fornita l’occasione per recitare uno dei suoi tanti ruoli (medico efficiente e premuroso, uomo affascinante, compagno ideale, genero invidiabile, amico insostituibile, etc.), egli perde completamente il senso della sua già precaria identità: viene smascherato e questo per lui è terrificante perché significa non essere più al centro dell’attenzione benevola o persecutoria di Lisa e delle sue successive compagne. E una volta caduta la maschera, Matthew si ridurrà all’ombra di sé stesso, costretto in vita a diventare un fantasma ingabbiato in ruoli fittizi, mentre il fantasma di Lisa troverà finalmente la pace di fronte alla verità: non è stato un treno a investirla, non si è suicidata, come tutti credono, ma è stata uccisa da un abuso invisibile. È stata uccisa dall’uomo che amava.

                                                                      Louise Doughty

La parte finale del romanzo è la più bella e la più toccante. Lisa rivela qual è stata l’arma infallibile per liberare il suo fantasma che, finalmente potrà riposare in pace: è stato l’amore delle persone che l’hanno circondata in vita: i suoi genitori, i suoi amici, i suoi colleghi di lavoro, le sue allieve.

Lisa è morta in vita, è stata uccisa da una concezione sbagliata dell’amore, ma il suo fantasma ha recuperato integralmente la dignità che le era stata sottratta.

Mi ha molto colpita il fatto che l’amore salvifico venga declinato nel romanzo in una forma altissima di amore che raramente ottiene l’attenzione che merita: “la solerzia degli altri”. Gli “altri”, i grandi assenti di fronte ai casi di violenza, nel romanzo si traducono nella sola possibilità di redenzione e di salvezza, come dimostra il caso dell’ispettore Barker.

Lisa è morta, ma si è comunque salvata: lo ha fatto nel momento in cui ha compreso che c’è un oggetto che investe più del Sé grandioso e per amore del quale ella ha trovato la forza di sottrarsi ai ricatti e ai richiami mortiferi della sensualità del Sé grandioso: questo oggetto da preservare è sé stessa.

Ed è questa la lezione da trarre da questo bel romanzo.

Lisa muore ma è in pace con sé stessa e più viva che mai, mentre Matthew, il suo Matty, non è altro che un morto vivente.

Louise Doughty. Binario sette. Traduz. Manuela Faimali. 450 p.Bollati Boringhieri

 

 

 

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