16 agosto 2015

"Dialogo fra Bateson e Chomsky" di Emilio Michelotti

                                                                      Noam Chomsky

                                   Per il quarto incontro vorrei provare ad aprire uno scenario diverso dai primi tre, quello del pensiero analitico americano, caratterizzato da un approccio non mediato, diretto, con la vita pratica, la lotta politica, l'etica e la concretezza del metodo. Mi piace far incontrare due dei massimi rappresentanti di questa cultura: Gregory Bateson e Noam Chomsky. Collochiamo l'evento nella primavera del 1980: Bateson ha compiuto i settantasei anni, ha pubblicato da poco Mente e Natura, che terremo come binario, insieme a Il linguaggio e la mente di Chomsky, e  come argomento per una interrelazione non semplice. Chomsky, cinquant'anni o poco più,  è già al grado più elevato della scienza linguistica, oltre che attivissimo sulle questioni civili, come fu per la guerra nel Vietnam. Da qui l'avvio del confronto:
 

Chomsky:- Partirei da argomenti che condividiamo, dalla valutazione della situazione sociale in Occidente. E' in atto la solita strategia della distrazione, atta a deviare l'attenzione del pubblico, a creare problemi fittizi per offrire soluzioni demagogiche. Una gradualità che possa rendere accettabile misure inaccettabili, mediante la sua applicazione a contagocce (ho, in passato esposto la teoria della rana bollita: aumentando la temperatura poco alla volta, la rana viene cotta senza che riesca a sfuggire). “Misure dolorose ma necessarie” (differite abbastanza perché il pubblico si abitui), manualistica da “guerra pacifica”: rivolgersi a un adulto come a un bambino scemo, usare emotività e non riflessione (un tema sul quale mi sei maestro), tanto da provocare un circuito nel senso critico, mantenere il pubblico nell'ignoranza, stimolare la mediocrità, autocolpevolizzarci, facendoci credere di essere noi stessi la causa della sofferenza di molti. Insomma, hai capito quali sono i temi ai quali ho voluto accennare, prima di entrare nello specifico delle nostre competenze.



Gregory Bateson

Bateson:- Ti ringrazio per aver messo in primo piano uno dei problemi che più mi sta a cuore: l'errore più grande della postmodernità è aver separato la ragione dalle emozioni. E' una mostruosità e altrettanto lo è separare la mente esterna da quella interna e, di conseguenza, l'individuo dalla società, e l'umanità dalla natura. La mente, come scrivo nel testo appena uscito, non è prerogativa degli individui, anche la società e, soprattutto, l'ecosistema sono una mente. L'ecosistema va considerato come “la vasta mente” di cui l'individuo è un sottosistema. E' una concezione dalle immediate ripercussioni etiche e che ha strette correlazioni con il generativismo da te propugnato. C'è una sopravvalutazione della coscienza. Questa considera solo una piccola parte delle informazioni della mente e questa selezione è fatta secondo una finalità: la coscienza così rivendica “in esclusiva” il carattere di mente. La finalità cosciente è semplificante e non mira alla saggezza. E' stolta, perché ignora la natura sistemica del mondo. Si deve, per una “ecologia della mente” ricongiungere la coscienza con l'inconscio, la mente individuale con la più vasta mente dell'ecosistema.

C:- C'è un deliberato tentativo degli intellettuali, del governo, dei mass-media di mascherare i fatti semplici con un linguaggio ottuso, in modo da tenere “la folla” fuori gioco. E' un deliberato oscurantismo dei fatti tipico – concordo – della postmodernità e che concerne il controllo sociale. Tutti vogliono dettare agli altri ciò che sarebbe nel loro interesse.

B:- Mi sembra di notare che anche tu abbia sempre più netta la convinzione che i fenomeni siano parte di una totalità organica (quindi governati da principi comuni), non frammentabile analiticamente. Anch'io sono incuriosito , come te, dalle risposte che la cultura Zen dà alla pretenziosità del mondo occidentale. Abbracciare in un orientamento interdisciplinare mente, natura e cultura, come fa la tua ricerca su una grammatica  universalistica, mi sembra avvicini il cuore del problema reale.

C:- Sì, fin dalle Strutture della sintassi, del '57, sto mettendo a punto una teoria generale della struttura linguistica, che renda conto di com'è possibile che, nonostante l'estrema complessità che contraddistingue qualsiasi lingua, i bambini possono apprederla da piccoli con tanta facilità. Ho indagato l'esistenza di strutture universali soggiacenti alla varietà storica delle lingue. Tale indagine mi ha fatto postulare la realtà di una grammatica universale innata sotto forma di attrezzatura bio-genetica implicita, che possa rendere questo fatto così evidente spiegabile. La teoria del meccanismo stimolo-risposta, tipica del comportamentismo di De Sussure, non rende conto della capacità di produrre frasi nuove. Questa competenza è universale e la sua spiegazione si fonda sulla necessità di escludere come irrealistiche certe grammatiche, allo stesso modo di come, in ambito fonologico, certe combinazioni di suoni vengono escluse perché impossibili da realizzarsi.

B:- Nella nostra epoca l'imperante concezione che tende a separare fra loro vari spezzoni del reale è pericolosissima, perché ha dalla sua, come ancella,  una tecnologia molto potente che consente di creare moltissimi danni, perfino di distruggere il pianeta. Da una parte abbiamo la natura sistemica dell'essere singolo e la natura sistemica della cultura nella quale egli vive, e la natura sistemica del sistema biologico, ecologico, che lo circonda; e, dall'altra parte, la curiosa distorsione nella natura sistemica dell'uomo individuale, per effetto della quale la coscienza è, quasi di necessità, cieca di fronte alla natura sistemica dell'uomo stesso.

C:- La funzione della memoria, ch'è parte importante della coscienza, non è poi così determinante come si crede. E', per esempio, la grande “matematica del linguaggio” che permette di comprendere frasi mai sentite prima. Questa struttura possiede già le componenti sintattiche, morfologiche, semantiche necessarie. Si deve distinguere, infatti,  fra una struttura superficiale (per esempio la parola “vieni”) e una profonda che produce la prima attraverso una serie di trasformazioni. La struttura profonda può contenere elementi assenti in quella superficiale (esempio l'elemento “tu”, che nel “vieni” superficiale è assente). Bisogna però guardarsi dall'equivoco di ritenere la struttura profonda qualcosa di metafisico e inaccessibile, e quella superficiale qualcosa di irrilevante. In realtà la fonologia, che riguarda la combinazione dei suoni, ossia la “superficie”, mette in luce la sua universalità al pari della sintassi che studia le regole


B:- La descrizione e codificazione di questi processi, come di quelli che descrivono ogni struttura mentale, rilevano l'importanza di comprendere la dimensione sistemica della realtà. Ciò significherebbe far compiere alla scienza una svolta epistemologica, dislocarla entro un nuovo paradigma. Se si continuano a seguire i dettami “sensati” della coscienza, si diviene, in realtà, avidi e stolti. Per stolto intendo colui che non riconosce e non si fa giudare dalla consapevolezza che la creatura globale è sistemica. La mia proposta dell'umiltà non vale come principio morale, ma come elemento di una filosofia scientifica. L'evoluzione è stata vista come la storia di organismi che apprendevano stratagemmi sempre più numerosi per dominare l'ambiente, e gli stratagemmi dell'uomo erano i migliori. Ma quell'arrogante filosofia scientifica è ora fuori moda ed è stata sostituita dalla scoperta che l'uomo è solo una parte di più vasti sistemi e che la parte non può in alcun caso controllare il tutto.

C:- Le cose che hai detto, anche se appena accennate per brevità, convincono e aiutano a capire anche chi, come me, parte da un diverso approccio agli stessi problemi. Del resto la passione per la linguistica ci accomuna, come la necessità di pensare gli argomenti in modo sistemico.  Permetti un'ultima nota sulle mie ricerche: la grammatica generativo-trasformazionale (o generativismo) è l'analisi delle strutture innate del linguaggio naturale. Esiste, come ho già detto ma credo utile ribadire, un limitato numero di parole e di regole, a fronte di una illimitata possibilità di creare frasi. Chiamiamole col loro nome: sono procedure algoritmiche capaci di generare tutte e sole le frasi di una qualsiasi lingua naturale. Queste procedure costituiscono una dotazione innata della mente umana. La grammatica genera enunciati, ma non li produce in maniera meccanica una volta per tutte. C'è un numero di parole e di frasi virtualmente infinito, e una grammatica deve darne conto.

Gregory Bateson: Mente e natura,  Adelphi (1979)

Noam Chomsky: Il linguaggio e la mente, Bollati Boringhieri (1968)
 

Nessun commento: