01 agosto 2015

"Punta Spanu: il mare che odora di elicriso" di Maria Teresa Landucci



 
                                                      foto di Maria Teresa Landucci

Svoltando sulla destra prima del passaggio a livello della micro stazione di S. Ambroggio, la strada segue per poco la linea ferrata Calvi-Ile Rousse.
Mi lascio alle spalle le ultime casette del centro turistico ed il paesaggio repentinamente si fa selvaggio. La strada diviene un percorso ad ostacoli, buche nell'asfalto consumato, che si fanno voragini da schivare, come in una pericolosa gimkana. Il paesaggio è dominato dalle rocce granitiche. Nella macchia mediterranea è l' elicriso a fare da padrone. Ancora vento. Ancora incessante. Ancora a tratti impetuoso. Diffonde nell'aria il pungente profumo dell'elicriso. 

                                                                          foto di Maria Teresa Landucci
Una presenza silenziosa, anzi una moltitudine di presenze, assiepate all' ombra di un maestoso olivo. Presenze immobili, sotto il sole di mezzogiorno. Pecore. Bianche e nere. L' odore acre ne anticipa l'esistenza. Il loro guardiano a quattro zampe mi appare con fare poco minaccioso: due improbabili orecchie, una dritta come un' antenna, l' altra ripiegata sul muso. Continuamente in allerta, pronto a rilevare ogni minimo pericolo per il suo gregge. Probabilmente la mia presenza non risulta sufficientemente minacciosa ai suoi occhi, mi guarda furbesco e  scodinzola.
Ritorno sull'asfalto, ormai sottile striscia nera. Ad una leggera salita segue una ripida discesa: come da un trampolino mi sento catapultata nel blu, quasi a toccare sia cielo che mare.
                                                       foto di Maria Teresa Landucci
Punta Spanu è un sito protetto di rocce e di mare, un parcheggio nascosto tra la vegetazione ed un breve sentiero che conduce ad una spiaggetta. Un cartello ammonisce il visitatore sulle buone norme da osservare al fine di preservare l' equilibrio e l' armonia del luogo. Le regole sono rigide, direi ferree ... rispettare il silenzio, non parlare ad alta voce, non lasciare mozziconi di sigaretta, giochi da spiaggia, balli e canti non ammessi... Sorrido ma condivido ogni raccomandazione e mi affaccio sulla spiaggetta. Una sottile mezzaluna di sabbia dorata si apre su di una piscina naturale, dove l' acqua, fortemente salmastra,  si fa laguna, chiusa da un ferro di cavallo di rocce che dolcemente si tuffano in mare. Regno dei bambini, che in una babele di lingue, sguazzano, si schizzano, ora si tuffano e poi riaffiorano, ora scendono in apnea e poi risalgono. Superata la prima barriera di scogli si apre una seconda piscina, più ampia, più profonda. Le rocce intorno, come palchetti di un teatro naturale, l' acqua il palcoscenico, dove ogni giorno la natura recita il suo infinito spettacolo.


                                               foto di Maria Teresa Landucci
 
Un grande tronco abbandonato sulla sabbia sarà per oggi il mio divano, la mia poltrona. Lascio tutto per intraprendere il sentiero che porta alle rocce, lo seguo. Macchie di fichi degli Ottentotti, purtroppo non più fioriti, si alternano ad intrusioni rocciose. Sul paesaggio domina solitaria una torre genovese, testimonianza della nostra forte presenza sull' isola. La costa è alta, anzi altissima, da vertigine. Non posso guardare giù, l' acqua è lontana ed il blu è troppo profondo.
Ritorno sulla mezzaluna di sabbia. Ancora un tuffo, l'ultimo di questa giornata, che si chiude con un altro tramonto, violento, rosso, rosso sangue. Un attimo e non c' è più.

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