Alexander Rodchenko diceva di voler
"rivoluzionare la visione", indicando la strada per vedere la realtà
più banale e quotidiana in modo diverso. Scegliendo inusuali punti di vista,
ribassati o rialzati, combinati o non con scorci in diagonale, persone,
oggetti, edifici, strade si trasformano nelle sue foto in pure forme astratte,
in ritmi visivi, in dinamiche geometrie.
La macchina
fotografica diventa uno strumento che permette di fissare e rivelare il mondo
sotto altre prospettive, diverse da quelle
tradizionali.
Avviene
un miracolo: quello di far coincidere realtà e bellezza, immersione
nell’attualità e metafisica della forma. Foto-epifanie in cui l'occhio
dell'artista - e il suo strumento, la macchina - scoprono che nell'affastellarsi
di impressioni visive che ci provengono dalla realtà, vivono limpide geometrie,
nitide composizioni formali, netti contrasti di materie, colori, grane,
partiture ritmiche a formare un superiore equilibrio...il tutto sta nel
coglierle: ecco la differenza tra un attento e attivo occhio artistico e un
distratto e passivo occhio comune.
Kant
aveva ragione quando diceva che la bellezza è nell'uomo. Nell'uomo che sa
vederla.
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