08 marzo 2015

“Rileggendo De Sanctis: Machiavelli” di Davide Pugnana



Riaprendo la "Storia della letteratura italiana" di Francesco De Sanctis, scritta nella calda onda risorgimentale, tra il 1870 e il '71, torno sempre con preferenza al capitolo su Machiavelli; e nonostante gli anni, le riletture o le nuove letture su Machiavelli, certo più aggiornate o passate al vaglio di un piglio storiografico meno teso a narrare i fatti di storia letteraria entro le linee di un disegno dell'identità e dei valori nazionali, continuo a tuffarmi in quel capitolo ricevendone intatta la sensazione di un corpo verbale in sé finito, perfettamente sagomato e sostenuto da un vibrante tono critico; da un tale equilibrio di giudizio che lo rendono autonomo rispetto al resto.

Per questo sono convinto che il capitolo su Machiavelli non sia solo il cuore geometrico di una 'visione' delle forme espressive entro la storia; ma sia, soprattutto, un 'medaglione' biografico-esegetico che, proprio per bellezza delle argomentazioni e per il ritmo di scrittura, costituisce un capolavoro nel capolavoro.

Trascrivo il passo in cui De Sanctis analizza gli elementi di modernità della prosa di
Machiavelli, assimilata ad un "marmo" ricco di venature, metafora della sua capacità di stringere il contenuto alla forma, le parole alle cose:

<<Fra tanto infuriare di prose rettoriche e poetiche, comparve la prosa del Machiavelli, presentimento della prosa moderna. Qui l'uomo è tutto, e non ci è lo scrittore, o ci è solo in quanto uomo. Il Machiavelli sembra quasi ignori ci sia un'arte dello scrivere, ammessa generalmente e divenuta moda o convenzione. Talora ci si prova e ci riesce maestro; ed è, quando vuol fare il letterato, anche lui. L'uomo è in lui tutto. Quello che scrive è una produzione immediata del suo cervello, esce caldo caldo dal di dentro: cose e impressioni, spesso condensante in una parola. Perché è un uomo che pensa e sente, distrugge e crea, osserva e riflette, con lo spirito sempre attivo e presente. Cerca la cosa, non il suo colore: pure la cosa vien fuori insieme con le impressioni fatte nel suo cervello, perciò naturalmente colorita, traversata d'ironia, di malinconia, d'indignazione, ma principalmente lei nella sua chiarezza plastica. Quella prosa è chiara e piena come un marmo, ma un marmo qua e là venato. [...] Questa prosa, asciutta, precisa e concisa, tutta pensiero e tutta cose, annunzia l'intelletto già adulto, emancipato da elementi mistici, etici e poetici, e divenuto il supremo regolatore del mondo: la logica, o la forza delle cose, il fato moderno."

Nessun commento: