La presentazione del libro con gli autori |
Luci e ombre
della Signorina di
Castelvecchio
di Luciano Luciani
Un
libro interessante, questo Maria Pascoli. La signorina di Castelvecchio nel senso più ampio:
che può, cioè, interessare molti, lettori semplici e addetti ai lavori,
studiosi di letteratura e amanti del genere biografico.
Un
lavoro che emancipa, finalmente, dal peso ingombrante del grande fratello
Giovanni, la “candida soror”, Maria, e la restituisce al lettore con le sue
luci e con le sue zone d’ombra nella sua più piena umanità. E questo in virtù
di una originale lettura delle fonti (giornalistiche, d’archivio, epistolari,
diaristiche, testimonianze orali, letterarie, che mettono Maria, il suo tempo,
i suoi luoghi, le sue relazioni, al centro della ricerca e dell’interesse degli
Autori. Si evita, così, quanto è avvenuto finora: ovvero l’annichilimento di
Mariù e la sua trasformazione in una nota a piè di pagina di una più ampia
vicenda biografica e letteraria: quella di Giovanni Pascoli uno dei massimi
autori italiani del passaggio tra Ottocento e nuova letteratura.
In
queste pagini di Sara Moscardini e Pietro Paolo Angelini, dunque, il focus è su Maria, riguardata con
rispettoso affetto, ma senza nulla tacere del suo carattere spigoloso, della
personalità decisionista, dai modi direttivi fin quasi autoritari, di certe sue
sconcertanti secchezze e aridità emotive: la sua figura e la sua storia
risultano, comunque, assai alleggerite dal peso di chiacchiere, maldicenze,
leggende paesane, ricostruzioni capziose che, diversamente rivisitate dagli
Autori, ci appaiono ampiamente riportate a misura e restituite a una più
verosimile, e senz’altro meno malevole, dinamica di affetti familiari e private
emozioni.
Altra
metà del “nido” prima, sacerdotessa poi della memoria del fratello, Mariù
emerge da queste pagine come “una figura forte e conscia delle proprie capacità
e dei propri mezzi” che vuole imporsi come interprete universale e ufficiale
della eredità letteraria, morale e umana di Giovanni. Esecutrice unica del suo
lascito, Maria è la, sacerdotessa dei riti e della religione pascoliana,
fermamente intenzionata a erigere al fratello “un monumento più duraturo del
bronzo”. Quindi non esita a prendere decisioni difficili: la tomba di
Giovannino assolutamente voluta a Castelvecchio
contro la volontà dei familiari e dei sanmauresi, o la vera e propria campagna
di annientamento nei confronti di quanti, a suo parere, in qualche modo
oscurassero la fama e la grandezza del fratello. È il caso della vertenza
aperta già nel 1913, a meno di un anno dalla morte di Giovanni, nei confronti
di Luigi Morandi, senatore del regno e accademico, che, sia pure in maniera
discreta, aveva sollevato nei confronti di Giovanni, l’accusa di plagio a
proposito di un’antologia scolastica. Ora, al di là dell’esito di questa causa
che vide Maria sconfitta dopo tre gradi di giudizio e condannata al pagamento
delle spese processuali, quello che colpisce è l’animus pugnace di questa donna che non esita a entrare in rotta di
collisione con un personaggio di tutto rilievo dello establishement politico-culturale e accademico del tempo.
Più
fortunata, invece, la causa per la rescissione del contratto con la casa
editrice Zanichelli e il passaggio dei diritti alla nuova casa editrice
emergente, la Mondadori.
Tra
la prima e la seconda vertenza, Mariù aveva saputo tessere utili, proficue,
importanti relazioni col nuovo regime fascista. E queste dei rapporti col
fascismo sono tra le pagine più significative del libro. Che, abbiamo già
detto, non è un’agiografia e quindi non nasconde le simpatie di Mariù per il
“fascismo regime” che garantiva ordine e regole, mentre, probabilmente, la sua
anima conservatrice non aveva apprezzato il fascismo movimentista delle
violenze e della marcia su Roma.
I
suoi rapporti furono più che altro personali, ovvero con le persone, ai più
alti livelli: con Mussolini e con Giuseppe Bottai, ministro della Educazione
nazionale: al centro dei suoi interessi l’edizione nazionale delle opere di
Giovanni e la realizzazione dell’Asilo intitolato ai genitori del poeta: una vexata quaestio, questa che si trascinò
per anni anche per l’opposizione, vera o presunta, a quel progetto del podestà
di Barga, Stefani. Che si concluse con un atto di forza di Maria, che di fronte
agli ostacoli, si rivolse direttamente a tutti i ministri interessati, dai
Lavori Pubblici, all’Istruzione, senza tralasciare Sua Eccellenza, il Capo del
Governo, Benito Mussolini, a cui lo accomunava la comune origine romagnola; la
modestia delle condizioni iniziale, il socialismo, che era stato la culla
ideale giovanile tanto di Giovanni quanto, e ben più, di Benito. Né i nostri
Autori tacciono del maldestro tentativo, operato non si sa da chi, né quando -
ma possiamo ipotizzare nell’immediato dopoguerra - di ripulire le carte di
Maria dalle testimonianze ritenute, a torto o a ragione, le più compromettenti
della relazione tra la “candida soror” e il fascismo.
Intanto
si avvicinava la guerra che doveva segnare in maniera indelebile lo spirito
della donna. Che sempre più sola, isolata, conduce una vita ormai quasi
eremitica, scegliendo di non allontanarsi da Casa Pascoli neppure quando
quell’area si trasformò in una pericolosa “terra di nessuno” contesa da
tedeschi e alleati, adottando, anche per gli anni successivi al conflitto, uno
stile di vita privo di ogni comodità, senza corrente elettrica, senza acqua
corrente, attendendo al suo lavoro più importante, la biografia intitolata Lungo la vita di Giovanni Pascoli,
copiando e ricopiando pagine su pagine, guardando con diffidenza anche la
stessa macchina per scrivere. Mariù si spense ultraottantenne nel 1953, nei
primi giorni di dicembre, coerente e fedele con l’intera sua esistenza,
lasciando un testamento che affidava tutto il patrimonio culturale, morale e
umano di Casa Pascoli alle istituzioni barghigiane, in un gesto che, scrivono
gli Autori “è il suo più grande atto d’amore per il fratello, per il “nido” e
per lo stesso borgo di Castelvecchio,.
E
questo libro, che ne rinnova utilmente la memoria sine ira et studio, conferma, ancora una volta, se mai ce ne fosse
stato bisogno, il legame profondo tra “la valle del bello e del buono” e Maria
Pascoli, la signorina che generazioni di bambini che
hanno frequentato l’asilo, da lei testardamente voluto, ricordano come “buona,
affettuosa e con le mani colme di caramelle e zuccherini”.
Sara
Moscardini - Pietro Paolo Angelini, Maria Pascoli. La signorina di Castelvecchio,
Maria Pacini Fazzi editore, Lucca 2014
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