27 gennaio 2023

"L’ultima nomade" di Shugri Said Salh,

 

La Somalia com’era

di Giovanna Baldini 

       Arriva in Nord America in pieno inverno l’ultima nomade somala. L’aereo atterra in Canada, a Ottawa imbiancata di neve. È il dicembre 1994. La narratrice non ha mai visto la neve e non sa chiamarla, perché nella sua lingua la parola non esiste. 

       Così racconta Shugri Said Sahl nel suo L’ultima nomade, ed. Mar dei Sargassi, 2022. Il libro, autobiografico e scritto in prima persona, racconta la vita di Shugri, donna nata in Somalia e lì rimasta fino allo scoppio della guerra civile nel 1991, quando molti tentarono di fuggire dalla loro terra e attraverso il Kenya raggiungere Paesi dove fosse possibile vivere lontani dalla catastrofe e dalle distruzioni.

       Vita avventurosa e interessante quella di cui dà conto minuziosamente la protagonista. Sono memorie personali sul filo dei ricordi ambientati in un Paese, la Somalia, ormai da anni fuori dai circuiti dell’informazione internazionale. In dodici capitoli, che si aprono ognuno con un proverbio somalo, scritto nella lingua madre e tradotto, l’Autrice descrive la sua vita partendo dall’infanzia, passata nel deserto con la nonna in una tribù nomade. In un clima implacabile impara a pascolare cammelli e capre. Comunque, anni formativi, grazie agli insegnamenti rigidi e severi della ayeeyo, la vecchia parente dal carattere indomito che riuscì a preparare la giovane ad affrontare le asprezze e le difficoltà della vita.

       In città, dove Shugri si trasferisce periodicamente, vive in casa del padre, insegnante di Corano: molto severo picchia i figli se disubbidiscono e, al tempo stesso, pretende che studino anche le femmine. Di una mamma dolce parla la scrittrice, morta, però, prematuramente e tanto rimpianta, perché, come dice un proverbio somalo, “l’unica cosa indispensabile è la madre”.

       Shugri cresce attraverso mille difficoltà: familiari, personali, sociali e politiche. E mentre diventa grande, il Paese cambia sotto i suoi occhi. Ho trovato molto interessante, infatti, la contestualizzazione storica della vicenda della protagonista. Sappiamo che è nata poco dopo che la Somalia conquistò l’indipendenza con l’elezione del presidente Siad Barre nel 1960. È l’epoca delle riforme sociali che portano la pace, il benessere al suo popolo insieme al pluralismo religioso e all’accesso all’istruzione anche per le donne.

       Di pari passo con la storia si snodano le vicende familiari, inserite in un ambiente sociale nuovo e sconosciuto a un lettore europeo. La transumanza nel deserto delle tribù nomadi, i legami familiari dei clan, le usanze culturali profondamente radicate nella mentalità collettiva come la circoncisione delle bambine.

       La vita dell’Autrice cambia in relazione ai cambiamenti politici. La guerra in Ogaden contro l’Etiopia, nel 1977; il 1980, che segna in modo evidente il cambiamento della vita dei somali, perché il presidente Barre colpisce chi si oppone al regime. Nello stesso anno la madre di Shugri muore e la vita della bambina subisce un travolgimento affettivo: il padre, infatti, non può più mantenere i suoi nove figli insieme a una seconda moglie ed è costretto ad allontanarli da casa.

       Nel libro è dato ampio spazio all’esperienza dell’orfanotrofio, a Mogadiscio, aperto da una organizzazione non governativa canadese: qui, in quell’ambiente di donne e uomini biondi e pallidi, l’Autrice, ormai adolescente, si misura con una vita del tutto nuova, fatta di amicizie, di studio, di rapporti non sempre facili con adulti stranieri, di limitazione della libertà, ma si applica nello studio, con determinazione, e sopravvive.

       Il 31 dicembre 1990 Mogadiscio entra in guerra: la popolazione si divide per linee di clan.  Incomincia la fame, la miseria, il sospetto. Si accorge ben presto che non aver imparato a memoria i nomi dei suoi ascendenti può rivelarsi, nella guerra civile, a un posto di blocco, una questione di vita o di morte.

       La famiglia di Shugri, composta da duecentocinquanta persone, fugge da Mogadiscio già nel gennaio 1992, verso il Kenya, che raggiunge dopo innumerevoli complicazioni e ostacoli. Poi la lunga permanenza in un campo profughi al confine, aspettando i documenti, e finalmente l’aereo per il Canada e la salvezza.

       Di tutto questo scrive Shugri  Said Sahl e anche del faticoso adattamento al nuovo mondo. Oggi vive in California con la sua famiglia. Un bel libro, L’ultima nomade, la storia di una donna e di un Paese africano, finora dimenticato.

 Shugri  Said Salh, L’ultima nomade Crescere nel deserto della Somalia, Mar dei Sargassi Edizioni, Portici (Na), 2022, pp. 255, euro 18

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