foto Gianni Quilici |
Prima di entrare
nel centro storico di Borgo a Mozzano un cartello stradale indica Cune; la
strada sale rapidamente, mentre un avviso recita “strada stretta senza
parapetti con cigli franosi”. Saranno quasi 5 Km ed ecco apparire a 515 metri circa Cune, in
bella posizione panoramica alle pendici del monte Bargiglio, con uno dei due
parcheggi proprio all’inizio del paese.
Cune si estende soprattutto in lunghezza con una via principale
che attraversa tutto il paese fino a un sentiero che s’inoltra sulla montagna.
La mattina è quasi
primaverile, con un sole carezzevole, senza un alito di vento . Una donna
anziana che cammina appoggiandosi al bastone mi scruta incuriosita, la mano
sugli occhi a pararsi dal sole. “Buongiorno” dico subito, “buongiorno” mi
risponde.
foto Gianni Quilici |
Qua e là ci sono
ancora strisce di neve, che, sciogliendosi, bagna la strada o che gocciola giù
dai tetti. La chiesa di S. Bartolomeo si trova al centro del
paese con una piazzetta che si confonde con due vie: la principale e un’altra
che porta all’unico sottopassaggio presente nel paese . All’interno della
chiesa, leggo, si conservano tele della Scuola del Marracci (sec.XVII), un
dipinto su tavola di scuola toscana (sec. XV), un'edicola in marmo (sec. XVI) e
una statua policroma in legno di S. Bartolomeo. Davanti, su un lato, si slancia il campanile
merlato con bifore .
foto Gianni Quilici |
E poi palazzi o case ristrutturate con qualche bel portale di pietra, case vecchie, case
abbandonate, capanne che fanno oggi da ripostiglio, case gialle o arancione,
biancastre o grigie, cortili e marginetta con presepe, forni a legna e terrazza con tettoia eccetera eccetera
Il punto di ritrovo sembra essere il circolo
Acli con teatrino, dove si organizzano tornei di briscola, cene e qualche
spettacolo. Più avanti l’ambulatorio con un giardinetto con altalena,
scivolino, panchine, che viene rasato ogni 15 giorni dagli uomini del paese,
secondo un calendario esposto pubblicamente.
foto Gianni Quilici |
Siedo sulla
panchina di legno addossata alla chiesa. Si avvicina, sedendosi, un uomo che mi
dirà poi d’avere 88 anni “ben portati” aggiungo io e mi racconta, dopo esserci
felicitati entrambi della giornata così piacevole, che quest’anno le olive, che
pure facevano piegare i rami da tante che erano, sono marcite per via delle
mosche, che anche l’uva viene divorata dai cinghiali e da altre bestiacce, e
che le patate vengono mangiate dalle formiche. Una volta, mi dice, questo era
un paese di 400 abitanti, c’erano vacche, pecore e asini, che servivano per
portà la roba e chi aveva dei terreni li teneva puliti. Ora non pulisce più
nessuno, i pruni sono arrivati alle porte del paese, vacche non ce n’è più una.
I pochi ragazzi rimasti vanno a scuola giù
a Borgo e chi lavora va nelle fabbriche della Piana.
Quando scendo di
nuovo con la macchina verso Lucca penso una banalità: che se avessi parlato anche
con altri: uno dei due ragazzi che ho incontrato o una donna giovanile con aria
assorta, la visuale del Paese si sarebbe
allargata ancora di più ed ho provvisoriamente concluso che questi miei viaggi
di un’ora o due sono hanno
necessariamente gli occhi di un turista curioso, di un visitatore. Colgono alcuni
aspetti e ciò ha comunque senso; ma non possono
cogliere molto di più.
Cune 4 gennaio 2015.
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