foto Gianni Quilici |
A metà strada, al
margine di uno slargo, una casa abbandonata con capanna e un sentiero sulla
parte opposta, che scende verso una proprietà privata, chiusa da una catena. Dinnanzi
la visione di un paese, forse Cardoso, disteso sulla collina con il campanile
in alto racchiuso tra la vegetazione.
La stradina sale
ancora per poco quando d’improvviso, in uno spiazzo largo, ecco il paese, S.
Romano, con un comodo parcheggio.
San Romano, si può
leggere su un cartello segnaletico su sfondo giallo, si trova a 447 metri, anticamente
era il castello di Spulizano (995) ed è oggi un borgo medievale nascosto tra il verde sopra la valle del torrente
Turrite. Che sia un borgo medievale con le case e palazzi, che si abbracciano,
lo sapevo già, avendolo visitato in precedenza due volte, tanto che il
desiderio di rivederlo era limitato, in quanto mi sembrava il paese scontato.
Invece è stata una sorpresa. Il tempo
muta, muta anche i nostri occhi.
Primo scatto:
croce su di un piedistallo di un colore nero contro il cielo blu.
Lì vicino ecco
l’oratorio di San Rocco del secolo XVII, ma largamente rimaneggiato con il prònao
con tettoia e colonne e con il fianco di sassi e calcina e finestre inferriate
più simile ad un’abitazione che a un luogo di culto. Alle spalle un delizioso
campanile a vela.
Su un lato due
panchine adatte ad una sosta contemplativa. Da lì parte la via centrale di
pietra, che s’inoltra nel paese.
foto Gianni Quilici |
foto Gianni Quilici |
Ma forse l’aspetto
più architettonicamente poetico risalta in alcuni sottopassaggi con porte ad arco, travi di legno e aperture a mo’ di finestra
nella parete di pietra.
Alla fine di uno
di questi sottopassaggi, il più modesto, la via prosegue in un viottolo che
porta verso la collina. Lì un uomo sta lavorando ad un muretto di pietre
parzialmente franato. “Lo faccio a secco” mi dice dopo il mio saluto, “perché
col cemento si sfigurerebbe tutto”. Davanti c’è la collina fitta di castagni,
che nell’aria primaverile di oggi assumono quel bel colore marroncino chiaro
che dà un senso di morbidezza. “Tutti quei castagni sono miei” mi dice “li
pulisco ogni anno per bene, non voglio che sotto ci nasca una boscaglia di
pruni. Quel castagno lassù, quello vecchio e più alto di tutti, lo vedete? E’
enorme, si vede anche da qui, ma vedendolo da vicino è impressionante”.
foto Gianni Quilici |
In un lato
l’acqua, che ancora oggi sgorga impetuosa e leggera da dei modesti tubi allora doveva
essere inserita, come si intravede
nell’immagine, da una struttura scultorea e doveva formare con un lavatoio
brulicante di vita un insieme di grande fascino popolare e forse anche
architettonico.
San Romano di Borgo a Mozzano. Domenica 18
gennaio 2015.
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