02 gennaio 2015

"Elisa Baciocchi e Lucca" di Luciano Luciani




Era trascorso velocemente a Lucca il turbine giacobino. Solo una veloce apparizione, alla cui brevità contribuirono la scarsità e immaturità dei suoi esponenti politici, l’ostilità dell’aristocrazia e del clero e l’avversione sanfedista particolarmente robusta anche nelle campagne della Toscana. A Lucca, come del resto in Italia e nella stessa terra d’origine della rivoluzione, la Francia, subentrava un desiderio, tutt’altro che effimero, d’ordine e di legalità. Vogliamo fissare uno spartiacque a sancire per Lucca questo prima  e questo dopo? Eccola: è il 14 luglio (notate la densità simbolica di questa data!) 1805, quando, a mezzogiorno preciso, Elisa Marianna Bonaparte, sorella di Napoleone da pochi mesi incoronatosi imperatore, e suo marito, Felice Baciocchi, fanno il loro ingresso nella città di Lucca, trasformata da Repubblica “democratizzata” in Principato di Lucca e Piombino.

Ecco, a proposito di quel giorno, come si esprime un testimone oculare, l’abate Jacopo Chelini, un nostalgico della repubblica aristocratica: quell’ingresso “esser non poteva né più significativo né più brillante” ma, allo stesso tempo “né più quieto né più melanconico perché non ci potevamo scordare la dolce Libertà che andavamo a perdere”. E così descrive il momento culminante di quella giornata Eugenio Lazzereschi, archivista scrupoloso e storico documentato della storia lucchese:

Il corteo si apriva con cento cavalieri della Guardia Imperiale, e quattro distaccamenti di Guardia d’Onore delle principali città d’Italia. La carrozza delle loro Altezze Imperiali Serenissime era a sei cavalli, scortata da sei scudieri e seguita dalle molte altre della Corte, dei Ministri e dei Consiglieri dello Stato. Alla porta Santa Maria del Giannotti si presentarono sopra un cuscino di velluto le simboliche chiavi d’argento, mentre tuonavano le artiglierie e tutte le campane erano sciolte a festa. Felice solo discese dal cocchio, pose la destra nel segno del possesso della città e, corruscante di decorazioni e di orpelli, saltò agilmente in sella, nonostante i suoi quarantatre  anni suonati e un principio di pinguedine. Nessuno del popolo folto, ma che non dava manifestazioni di gioia, aveva ancora veduto la Principessa; ma le dame d’onore che le avevano fatto riverenza nella canonica di San Vito, potevano dire che, dopoché aveva lasciato l’abito del suo rapido viaggio da Genova a Bologna e di là a Pistoia, dove pernottò, che Elisa era davvero raggiante nel riflesso iridescente del suo diadema di brillanti, e maestosa come deve essere una pallida regina, sotto il peso del manto di velluto”.

Magnificenza, lusso, sfarzo, apparati, formalismi ad alta concentrazione simbolica… Elisa, intorno alla sua persona, innalzerà una barriera di ben 253 articoli in tema di etichetta che contengono prescrizioni più severe e minuziose di quelle in vigore presso il palazzo delle Tuileries, sede per secoli dei re di Francia e ora residenza imperiale.

Gli eroici furori giacobini sono ormai alle spalle: a Parigi e ancora di più a Lucca. Ce lo dice il fatto che alla fine del luglio 1805 in piazza San Michele viene rimosso l’ultimo albero della libertà con tutto il corollario di manifestazioni che gli si svolgeva intorno, per essere sostituito da cerimonie ben più tradizionali come il Te Deum del 29 VI 1805, nella cattedrale di San Martino, per ringraziare Dio dell’istituzione del nuovo governo.

I nuovi detentori del potere a Lucca, come a Milano, come a Parigi, dopo la parentesi rivoluzionaria, tornano all’antica alleanza trono-altare, col secondo subalterno al primo. Comunque la situazione a Lucca è piuttosto delicata: quella che s’insedia nell’estate 1805 è una dinastia straniera, imposta con la forza da un potere imperiale, senza rapporti tradizionali con il territorio, sopportata con pazienza italica nel migliore dei casi, accettata strumentalmente in nome dell’antico cinismo, sempre italico, per cui: “Francia o Spagna purché se magna”. Elisa e Felice sanno che l’antica aristocrazia non è loro favorevole; ancor meno il clero, tassato nei suoi beni, spossessato delle sue ricchezze, e che le nostalgie per gli antichi ordinamenti sono larghe e tiepide le simpatie.

Ad Elisa, Lucca appare troppo quieta, quasi addormentata in un sonno profondo. Nei suoi programmi c’è l’intenzione di svegliarla, renderla più dinamica, moderna, imperiale, francese. E il terreno su cui Elisa in maniera quasi febbrile investe per la trasformazione della città, per la sua modernizzazione è quello della dell’innovazione culturale: balli, feste e luminare si accompagnano a profonde trasformazioni urbanistiche, a novità nella musica, nel teatro, nelle attività editoriali.

Lucca cambia, e, grazie alla determinazione di Elisa, punta a trasformarsi in una vera capitale moderna. A partire dal Palazzo, sede del potere civile, che acquista le fattezze monumentali di una reggia, tra le più eleganti e maestose d’Italia, grazie agli interventi degli architetti Pierre Theodore Bienaimé e Giovanni Lazzarini, gli stessi a cui è affidato il compito di trasformare la forma urbana della città e portare un po’ di Parigi a Lucca. E questo avviene con la piazza Napoleone (1806), con via Elisa e Porta Elisa, aperta nel 1809, per rivolgersi simbolicamente e non più chiudersi a Firenze, nel momento in cui a Elisa è conferito il titolo di Granduchessa d’Etruria.

Donna colta, Elisa, amava la lettura di Plutarco e del preromantico inglese Edward Young, ma la sua passione vera era il teatro, Corneille, Racine, Moliere: giunta a Lucca da solo un mese, si adopera perché nel teatro di Bagni di Lucca sia messa in scena una Fedra di Racine in cui non si fa scrupolo di recitare così come aveva già fatto in Francia. Invitata dalla Principessa, più di una compagnia teatrale francese si esibì al teatro Castiglioncello di Lucca; ma sia i comportamenti non proprio esemplari delle attrici francesi, sia i modesti successi, dovuti alla scarsa affluenza di un pubblico che non conosceva il francese, diradarono sino all’estinzione questi interventi..

Meno sensibile alla musica, Elisa intercettò, però, a Lucca importanti tradizioni musicali: intanto la presenza in città, del 1800, di Niccolò Paganini, già primo violino dell’orchestra della Repubblica. Inizialmente il rapporto tra i due non è facile. La Principessa preferisce affidare i ruoli d’autorità alla persone di maggiore anzianità e così Niccolò perde il suo incarico prestigioso. Per riconquistarlo, però, in breve tempo, insieme al titolo di Capitano d’Onore delle Guardie e a un posto privilegiato nel cuore di Elisa. Una relazione amorosa, lo loro, durata alcuni anni, complicata e tormentata, dai caratteri egocentrici e spigolosi dell’uno e dell’altra. Un sodalizio erotico/artistico/di potere che si scioglie definitivamente col trasferimento di Elisa a Firenze nel 1809 e che coincide col congedo di Paganini dalla corte lucchese. Una parentesi relativamente breve quella del virtuoso e compositore genovese, mentre la continuità della vita musicale lucchese è affidata e mantenuta dalle attività, dal lavoro musicale indefesso di Domenico Puccini, il nonno di Giacomo, musicista eclettico, “buon pianista e buonissimo suonatore d’organo”. Maestro della Cappella di Palazzo e organista della Cattedrale, che svolse una frenetica attività musicale di cantate politiche e d’occasione per le più diverse festività: onomastici e compleanni dei principi, dell’imperatore, vittorie militari e maternità.

Una musica che se si piega a fini politici e propagandistici riesce sempre a mantenere carattere di qualità e dignità formali e fa da vera colonna sonora alle importanti trasformazioni che Elisa introduce in un corpo sociale ancora asfittico, ancora lento per un’immobilità durata troppo a lungo: i beni dei conventi sono trasformati in beni demaniali e queste nuove risorse sono investite in opere di beneficienza e di utilità pubblica. Sono ampliati e centralizzati gli istituti caritativi, risanate le carceri, potenziate le istituzioni culturali, promossi premi e gratifiche per le opere d’intelletto. È costituita la Biblioteca Pubblica e l’Accademia Napoleone è organizzata secondo i diversi rami delle arti e delle scienze per quaranta accademici, mentre tra i soci corrispondenti è da annoverare il meglio della cultura europea, Monti, Paisiello, Canova, David, Volta, Laplace…

Ma fanno cultura anche le feste e i divertimenti: il 14 luglio, ribattezzato festa della Concorde; il 15 agosto, compleanno dell’imperatore; il 2 dicembre, anniversario dell’incoronazione e della vittoria di Austerlitz; il 3 gennaio, anniversario della nascita di Elisa; il 18 maggio, san Felice, festa per il Baciocchi, suono di campane spiegate, spari di spingarde, messa solenne con musica in San Martino. Senza dimenticare la tradizionale festa della Santa Croce, mentre si diffonde il piacere dell’acqua e delle terme a Bagni di Lucca e fanno la loro apparizione, timidamente, i bagni di mare a Viareggio, il porto franco dei lucchesi dove giocare e spesso rovinarsi a biribisso e praticare per le festività religiose lauti digiuni a base di eccellenti piatti di pesce. A Lucca si contano ben cinque cioccolatieri e sette caffeanti, mentre da Parigi non mancano nuovi arrivi di bottiglie di champagne per la mensa dei Principi che amano combattere la calura estiva con sorbetti e gelati.

Lucca si va sempre più configurando come capitale e città europea: una ricca e fortunata stagione che comincia a oscurarsi nel 1812 con la campagna di Russia, la sconfitta e il tragico ritiro della Grande Armata attraverso la steppa.



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