di Riccardo Dalle Luche
Il nuovo
Cronenberg non è un film ma un romanzo, per quanto si tratti di un romanzo
molto visivo, in pratica una sceneggiatura solo poco più complessa e
dettagliata di un film non (ancora) girato, che ricorda moltissimo, per struttura narrativa e temi, i
capolavori del regista canadese, Videodrome, Pasto Nudo, Inseparabili,
Existenz.
I legami di Cronenberg con
la letteratura sono antichi: figlio di uno scrittore ed editore ebreo di
origini lituane, partito con interessi biologici, botanici ed entomologici,
David Cronenberg si è poi laureato in Letteratura a Toronto prima di iniziare
la sua fortunata carriera cinematografica divenendo il più visionario profeta
delle mutazioni fisiche, mentali, protesiche e antropologiche del nostro tempo.
Il suo cinema si è sempre “nutrito”, per usare una parola quanto più
appropriata in questa recensione, della letteratura, sia mantenendo un nesso
latente ma globale col suo gemello Philip Dick, del quale non è mai riuscito a
trasporre niente, sia, invece, adattando per il cinema romanzi o testi anche
molto complessi ed apparentemente poco filmici, di James Ballard, William
Burroughs,, Stephen King, Patrick
McGrath e più recentemente Christopher Hampton, Tom De Lillo ed altri.
Il passo per la pubblicazione di un romanzo è stato quindi assolutamente
breve. Che dire del risultato?
Più che un romanzo di fantascienza siamo qui di
fronte ad una letteratura che nasce dal portare al limite e talora appena oltre
il limite, le possibilità prossimo-future del presente, rese possibili dalla
onnipresenza delle protesi tecnologiche
-hardware e sofware di ogni genere, qui meticolosamente citati e
descritti con sfumature feticistiche tipicamente cronenbergiane.
E’ un romanzo
corale, con un gruppo di protagonisti che gravitano intorno ad una vicenda noir
centrata su una coppia di maître a pensér francesi, dal satirico cognome
Arostéguy, vagamente modellata, attualizzandole, sulle figure storiche
Sartre-De Beauvoir e Althusser-moglie strangolata; fanno loro da contorno
Nathan e Noemi, due fotogiornalisti freelance, che girano per il mondo
tenendosi in contatto tramite iphone e ipad,
un vecchio medico venereologo che vive con una figlia semipazza, ex
allieva dei filosofi francesi, ed infine un altro paio di ex allievi, tutti
acculturati dai filosofi non solo in virtù delle lezioni accademiche ma anche
dai passaggi nei loro letti promiscui, in omaggio, forse ironico ma non troppo,
alla paideia greca. La centrale operativa del plot, che in Videodrome
era un emittente misteriosa di Pittsburgh, viene qui collocata nell’ultimo
regime comunista residuato dal secolo scorso, quello della Repubblica Popolare
della Corea del Nord, con la sua dinasta di dittatori semideificati.
Come accade fin dai primi cortometraggi di Cronenberg, attraversando la maggior parte
dei suoi principali film fino alle sue ultime, siderali realizzazioni, la
sessualità che connette ma non lega molti dei personaggi sembra totalmente
svincolata sia dalla sfera sentimentale che dai limiti di genere, secondo il
concetto base Freud-cronenbergiano, della omnisessualità come matrice
regressiva e a-perversa che argina dalla follia.1 Di follia, ovviamente, ce n’è parecchia ad
aleggiare sull’intera vicenda, benché la sua unica manifestazione palese sia
l’apotemnofilia, cioè il desiderio di automutilazione che nasce dal delirio
dismorfico che affligge Celestine Arostèguy, e che la porta a farsi amputare
una mammella, con la condivisione del marito, fatto alla base dell’ipotesi di cannibalismo
successiva alla sua sparizione.
Benché il cibo letterario che ci propina Cronenberg, se
non altro col sapore certo del fatto-in-casa, sia dunque un po’ il solito
minestrone di tematiche già note, la lettura nel suo complesso è gradevole,
forse soprattutto grazie alla capacità di attualizzare il racconto in virtù dei
dettagli tecnologici che, diversamente dal passato, non sono più automobili o
schermi televisivi, ma protesi più strettamente connesse al nostro
funzionamento sensoriale –qui c’è anche un sofisticatissimo apparecchio
acustico di cui l’autore deve aver fatto esperienza personale, vista la sua
età- che inesorabilmente hanno cambiato il mondo, anche nell’ultimo dei
possibili paradisi ideologici dell’umanità, la Corea del Nord.
Insomma, contrariamente
a quanto pensava Heidegger, sembra dirci Cronenberg, la tecnica pensa e come, e
realizza anche quello che pensa, modificando radicalmente le nostre esistenze
senza distinzione di nazionalità, lingua, sistemi politici, credenze religiose,
storie millenarie alle spalle.
David Cronenberg. Divorati (Consumed). Bompiani 2014
1 Dalle Luche R., Barontini A.: Trasfusioni.
Saggio di psicopatologia dal cinema di David Cronenberg, Mauro Baroni editore,
Viareggio-Lucca, 1997.
Nessun commento:
Posta un commento