08 gennaio 2015

"Divorati (Consumed)" di David Cronenberg



di Riccardo Dalle Luche

 Il nuovo Cronenberg non è un film ma un romanzo, per quanto si tratti di un romanzo molto visivo, in pratica una sceneggiatura solo poco più complessa e dettagliata di un film non (ancora) girato, che ricorda  moltissimo, per struttura narrativa e temi, i capolavori del regista canadese, Videodrome, Pasto Nudo, Inseparabili, Existenz.  

 I legami di Cronenberg con la letteratura sono antichi: figlio di uno scrittore ed editore ebreo di origini lituane, partito con interessi biologici, botanici ed entomologici, David Cronenberg si è poi laureato in Letteratura a Toronto prima di iniziare la sua fortunata carriera cinematografica divenendo il più visionario profeta delle mutazioni fisiche, mentali, protesiche e antropologiche del nostro tempo. 

Il suo cinema si è sempre “nutrito”, per usare una parola quanto più appropriata in questa recensione, della letteratura, sia mantenendo un nesso latente ma globale col suo gemello Philip Dick, del quale non è mai riuscito a trasporre niente, sia, invece, adattando per il cinema romanzi o testi anche molto complessi ed apparentemente poco filmici, di James Ballard, William Burroughs,, Stephen King,  Patrick McGrath e più recentemente Christopher Hampton, Tom De Lillo ed altri.

Il passo per la pubblicazione di  un romanzo è stato quindi assolutamente breve. Che dire del risultato? 
Più che un romanzo di fantascienza siamo qui di fronte ad una letteratura che nasce dal portare al limite e talora appena oltre il limite, le possibilità prossimo-future del presente, rese possibili dalla onnipresenza delle protesi tecnologiche  -hardware e sofware di ogni genere, qui meticolosamente citati e descritti con sfumature feticistiche tipicamente cronenbergiane.

 E’ un romanzo corale, con un gruppo di protagonisti che gravitano intorno ad una vicenda noir centrata su una coppia di maître a pensér francesi, dal satirico cognome Arostéguy, vagamente modellata, attualizzandole, sulle figure storiche Sartre-De Beauvoir e Althusser-moglie strangolata; fanno loro da contorno Nathan e Noemi, due fotogiornalisti freelance, che girano per il mondo tenendosi in contatto tramite iphone e ipad,  un vecchio medico venereologo che vive con una figlia semipazza, ex allieva dei filosofi francesi, ed infine un altro paio di ex allievi, tutti acculturati dai filosofi non solo in virtù delle lezioni accademiche ma anche dai passaggi nei loro letti promiscui, in omaggio, forse ironico ma non troppo, alla paideia greca. La centrale operativa del plot, che in Videodrome era un emittente misteriosa di Pittsburgh, viene qui collocata nell’ultimo regime comunista residuato dal secolo scorso, quello della Repubblica Popolare della Corea del Nord, con la sua dinasta di dittatori semideificati.
Come accade fin dai primi cortometraggi di  Cronenberg, attraversando la maggior parte dei suoi principali film fino alle sue ultime, siderali realizzazioni, la sessualità che connette ma non lega molti dei personaggi sembra totalmente svincolata sia dalla sfera sentimentale che dai limiti di genere, secondo il concetto base Freud-cronenbergiano, della omnisessualità come matrice regressiva e a-perversa che argina dalla follia.1  Di follia, ovviamente, ce n’è parecchia ad aleggiare sull’intera vicenda, benché la sua unica manifestazione palese sia l’apotemnofilia, cioè il desiderio di automutilazione che nasce dal delirio dismorfico che affligge Celestine Arostèguy, e che la porta a farsi amputare una mammella, con la condivisione del marito, fatto alla base dell’ipotesi di cannibalismo successiva alla sua sparizione.

Benché il cibo letterario che ci propina Cronenberg, se non altro col sapore certo del fatto-in-casa, sia dunque un po’ il solito minestrone di tematiche già note, la lettura nel suo complesso è gradevole, forse soprattutto grazie alla capacità di attualizzare il racconto in virtù dei dettagli tecnologici che, diversamente dal passato, non sono più automobili o schermi televisivi, ma protesi più strettamente connesse al nostro funzionamento sensoriale –qui c’è anche un sofisticatissimo apparecchio acustico di cui l’autore deve aver fatto esperienza personale, vista la sua età- che inesorabilmente hanno cambiato il mondo, anche nell’ultimo dei possibili paradisi ideologici dell’umanità, la Corea del Nord. 

Insomma, contrariamente a quanto pensava Heidegger, sembra dirci Cronenberg, la tecnica pensa e come, e realizza anche quello che pensa, modificando radicalmente le nostre esistenze senza distinzione di nazionalità, lingua, sistemi politici, credenze religiose, storie millenarie alle spalle.

David Cronenberg. Divorati (Consumed). Bompiani 2014


1 Dalle Luche R., Barontini A.: Trasfusioni. Saggio di psicopatologia dal cinema di David Cronenberg, Mauro Baroni editore, Viareggio-Lucca, 1997.



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