di Giulietta Isola
Esti è il nome con il quale i compagni di università chiamavano Esterhazy ed è attorno a lui che ruota questo singolare romanzo, Esti è l’alter ego del suo creatore.
Mi riesce impossibile, a fine lettura, incasellare in una sola definizione il protagonista e tantomeno la trama di questa opera dalla struttura assai poco convenzionale, siamo di fronte a frammenti, pensieri lampo, motti e citazioni spesso letterarie, solo verso pagina novanta ho ritrovato il senno ed una narrazione che, pur rimanendo sfuggente, smette di frammentarsi “troppo”.
In conclusione sono settantasette racconti nei quali l'autore sovverte e stravolge i canoni della scrittura tradizionale, passa in continuazione dalla prima alla terza persona, diventa di volta in volta soggetto e oggetto della narrazione, si diverte alle spalle dello sgomento lettore e fa omaggio al personaggio inventato dal grande scrittore ungherese Dezso Kosztolanyi Kornel Esti.
Ma chi è Esti? E’ molte persone: è il rampollo di una famiglia di antico lignaggio, ha vissuto in tante epoche, morto e risuscitato tante volte, è qui e ora, ma anche nel passato e nel futuro, è l'insieme dei cocci di una famiglia che lui conosce già in miseria, stretta nella morsa del socialismo. E’ uno sguattero, è il figlio ribelle, è maschio e poi femmina, è una cameriera ed un’adolescente, è così diverso dal resto della sua famiglia che forse è stato scambiato in culla.
Esti è un'estate su una spiaggia italiana, è l'amico che teme di avere un tumore, è un personaggio letterario che segue la fantasia del suo autore, è un quadro, un cane, il re Mattia, Esti è uno che parte dalla concretezza biografica per abbandonarsi alla pura creatività.
Péter Esterházy utilizza un linguaggio sperimentale di grande impatto, ricerca la perfezione stilistica, mette alla prova il lettore, lo esaspera e lo porta nel suo labirinto, questo suo libro è per gente dotta, non per me. Sono buttati lì sulle pagine neologismi, latinismi, termini tratti da diverse lingue straniere, citazioni colte di ordine filosofico, storico, musicale, frammenti letterari che richiedono una cultura non indifferente.
Io sono una inguaribile curiosa e riesco a tollerare, durante la lettura, di essere maltrattata e di mettere a nudo la mia inadeguatezza , mi interessa molto lo stile e quello di Esterhazy è quanto di più vario si possa trovare, egli passa da termini colti a termini triviali, mischia stile alto e basso, tono drammatico e tono ironico con estrema disinvoltura ed io, nella mia piccineria, nonostante mi sia sforzata , non sono riuscita a trovare il nucleo nel flusso narrante senza ordine, quasi onirico e pieno di inganni.
Solo nella seconda parte alcuni episodi rispettano i canoni di una classica biografia, quindi ho pensato, date le molteplici identità assunte da Esti, che qui si sia parlato di ricerca identitaria poliedrica ed incoerente, un’altalena tra passato e presente, totalmente fuori dagli schemi tradizionali. Molto molto faticoso e, nonostante sia abituata a strutture poco convenzionali, a stile sperimentale, a linguaggi arditi, Esterházy è uno spirito innovativo e ribelle che non ho totalmente apprezzato, certamente per un mio limite, se vi ho comunque trovato un po’ di conforto è grazie a ciò che l’autore dice “ Il linguaggio della letteratura non ambisce alla comprensione, ma alla conoscenza, il linguaggio della letteratura non è quello dei dialoghi tra persone intelligenti. Questo linguaggio non mira alla comprensione, ma alla creazione. La creazione è un affare oscuro, nebuloso, fare qualcosa dal nulla non va da sé. Ma vogliamo sperare che sia profondamente umano. “
Non ve lo consiglio per non perdere la vostra amicizia.
ESTI di PETER ESTERHAZY FELTRINELLI EDITORE.
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