La feroce bellezza dell’amore
di Gianni Quilici
Ho letto le poesie di Giacomo Bini. Dapprima velocemente come faccio quando vado ad una Mostra, mettiamo, di pittura: una rapidissima escursione per valutarne la dimensione e una veloce impressione sui quadri esposti per poi scrutarli, come credo che meritino, con lo sguardo, il taccuino e la penna e, se possibile, in quel caso, con qualche scatto.
Così ho fatto con le poesie di Giacomo Bini, che da subito mi hanno suscitato questa impressione: che Giacomo Bini sia stato e sia un uomo felice, al di là e dentro le sofferenze, le vicissitudini, le responsabilità, le imprevedibilità che inevitabilmente il flusso della vita comporta.
Questa felicità è interna alle sue poesie. Una felicità che trabocca dal sentimento predominante dei suoi versi: l’amore. Faccio un esempio con una delle poesie più originali e intense che questo sentimento rappresenta “ideologicamente” Feroce è l’amore. Prendiamo la prima strofa
Ti illudi se ti aspetti che un giorno
l'amore bussi alla tua porta.
Se arriverà l'amore non busserà,
la butterà giù la tua porta;
la spalancherà a pedate e a pedate
ti trascinerà sulla strada.
Questi versi hanno il vigore e la veemenza immediata fino alla ferocia del sentimento amoroso e Giacomo Bini ce lo scaglia negli occhi con un linguaggio metaforico e visivo, con la forza della vibrazione delle parole e delle loro corrispondenze ( busserà, butterà giù, spalancherà, trascinerà).
Questo amore in Giacomo è radicale, senza ambiguità, tanto da diventare, a volte, fusione o desiderio di essa. Numerose sono le poesie che hanno questo senso e spessore. Una delle più rappresentative è la poesia che apre il libro: “Figlia mia”.
Mi manchi così tanto figlia mia.
E
più che mai mi manca
nei tuoi disperati, notturni pianti di bambina,
il mio stringerti forte
come non ci fosse un domani
per poi rimanere sveglio fino all'alba
accanto a te.
Ogni
giorno mi manchi e in ogni dove
poiché all'assenza di te non c'è un altrove.
E’ una poesia in cui si percepisce, anche ad orecchio, la musicalità del canto. L’amore qui è nudo e puro, disarmato e protettivo, senza essere possessivo, libero e che lascia liberi, come si vedrà anche in altre poesie .
Ed è un amore filtrato anche dalla sofferenza e che attraversa gli affetti più stretti: la mamma e il babbo, la figlia e la moglie, Brunella, a cui dedica molti versi ed il libro: “l’apostrofo che ha rivoluzionato la mia vita”.
Ed è amore generoso e aperto, che va oltre i familiari, investe il creato (il mare, la natura) e le radici che lo hanno formato nei sentimenti profondi e nella visione del mondo. Penso a “L’ultimo partigiano” a “Etruria”, ma soprattutto a “Sulle colline lucchesi”
La
chiesa è sul colle
tra i cipressi.
Ha per compagno il silenzio
rotto a tratti dal canto degli uccelli
dal frinire di rade cicale.
C'è sempre una strada
che sale in lente volute
sino alle sue pietre.
Le
chiese della mia terra
spesso ci attendono sulle colline
sulle balze
sull'orlo di un dirupo.
Guardano sovente giù
verso un torrente
verso la valle
verso le opere degli uomini.
Ci impongono di alzare gli occhi
e sulle labbra
trema breve una preghiera.
Mentre leggiamo la poesia noi camminiamo con essa. Vediamo la chiesa in campo lungo sulla collina quasi silenziosa con il frinire delle cicale; la strada che sale in lente volute; la chiesa di pietre che dalle balze di un dirupo guarda giù in basso il paesaggio che la circonda: il torrente, la valle ricca delle opere umane. Una visione che si allarga di occhi e di cuore accompagnata da una musica leggera, sottile. La chiusa diventa una preghiera appena sussurrata di tipo laico. Il cielo (le chiese, sottinteso, ci impongono di alzare gli occhi) come simbolo del mistero di noi nella grandezza dell’universo e di fronte al quale “sulle labbra trema breve una preghiera”
Infine la poesia di Giacomo Bini diventa, in senso lato, anche sociale e politica, soprattutto nell’ ultima parte: Poesie al tempo del Covid. Tra tutte la più convincente mi sembra “La mia patria non piange”.
C’è l’inizio commosso ed insieme virile
La mia Patria non piange
anche se di bare sono pieni
i carri militari in coda
nel mesto e lento viaggio
verso i luoghi della cremazione.
E se noi abbiamo umidi gli occhi
mentre scorrono le immagini
di eroi col bianco camice,
delle piazze deserte,
dello sventolio di bandiere
nel più assoluto silenzio,
la nostra Patria non piange.
C’è il senso di solidarietà e di comunità, che diviene canto che i versi esprimono potentemente nella loro concitata contrastata resistenza: (un’umanità dolente/ muore, vive, si prodiga, salva, perde, vince . . .)
Dai balconi assolati si
levano canti
a coprire urli di sirena d'ambulanza
e campane a lutto.
Mentre negli ospedali un'umanità dolente
muore, vive, si prodiga, salva, perde, vince,
la mia Patria non piange.
C’è infine la chiusa: soltanto quando questa irriducibile lotta sarà vinta paradossalmente e giustamente solo allora/ la mia Patria potrà piangere
Nelle ore, nei giorni, nei mesi a venire
sapremo superare ogni nostro atroce dolore.
Quando anche l'ultimo pericolo
sarà lontano
rivelandoci la certezza di aver vinto il male,
solo allora
la mia Patria potrà piangere.
Da segnalare il delizioso racconto “ L’ultimo regalo a Anna” dedicato alla mamma. Quasi magico;
e l’inizio folgorante della poesia “Le labbra degli amanti”: Appesa ai lampioni se ne sta la sera / e questo giovane dolore all'anima mia. Quasi surreale.
D'istanti e d'istinti. Poesie al tempo del Covid. Giacomo Bini. Il libro è a offerta e i proventi vanno all'associazione Il Ponte.
1 commento:
mi piace questo poeta con i suou versi schietti pieni di dignita e sentimento
.
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