di Giulietta Isola
“Colpevolizzare la vittima è un modo per nascondersi e autoilludersi. Permette al colpevole di sentirsi in diritto di giudicare, immaginando una qualche giustizia mistica per cui le cose brutte succedono solo alle persone cattive: così ci si sente al sicuro.”
Una lettura insolita, non sono abituata a leggere graphic novels, credo di averne lette solo due in età adulta, da adolescente frequentavo i fumetti solo perché erano meno costosi dei libri che potevo prendere in biblioteca e dai miei maestri di scuola.
A spingermi alla lettura sono stati alcuni vecchi articoli che avevo conservato e soprattutto la constatazione che certe situazioni sembrano quasi diventate “normali”, vengono percepite come meno allarmanti, insomma si riesce quasi a convivere con le pessime minacce dei nostri giorni . Che sia cinismo? La violenza sulle donne, al di là di ricordi e celebrazioni, di lotte femministe e rivendicazioni di genere, rimane sempre un tema molto difficile da trattare.
Una è una di tante che, con la sua arte fatta di immagini simboliche ed evocative dai tratti essenziali, ripercorre il dramma di una vittima di violenza sessuale infantile, la sua lotta per la propria autodeterminazione e dignità negli anni Settanta misogini ed ignoranti, l’artista tenta, alla sua maniera, di far breccia nel muro di indifferenza per far assumere, ad un evento personale, una dimensione universale.
Sono gli anni del punk rivoluzionario ed anche quelli nei quali, paradossalmente, l’opinione pubblica giustifica gli efferati omicidi dello squartatore dello Yorkshire, del resto a chi vuoi che importi di quelle prostitute uccise?
Essere donna diventa una buona motivazione per aver paura. Il percorso della protagonista è tortuoso, obbliga a “correre e strisciare attraverso spazi ristretti”, con il colore, nello specifico, i toni della scala dei grigi viene reso perfettamente il senso di claustrofobia, bisogna fuggire dall’”uomo nell’ombra” in compagnia di una zavorra pesantissima: il vuoto del non detto “In qualunque modo guardassi la cosa, sembrava che fossi sia la causa sia l’effetto del problema. Un problema che non poteva essere nominato. Sapevo che non era così, ma era fuori dal mio controllo. […] Le parole mi avevano abbandonata”.
Il processo di crescita è molto doloroso, l’iconografia del classico bozzolo che si schiude è reso in tavole molto belle e nettamente distinte per tratto e stile dalle altre, le ali che “non sembravano funzionare molto bene” rappresentano la difficile elaborazione del trauma.
Una, senza essere pedante né ostentare dolore, ci invita a riflettere dati alla mano, sui temi della discriminazione e della violenza, ma soprattutto sulle dinamiche sociali che queste innestano. Perché il silenzio rimane la reazione più comune? E perché questo silenzio, si trasforma in disagio e schizofrenia quando viene faticosamente spezzato? Perché un’esperienza traumatica, confessata o meno, sembra avere come unico esito possibile l’emarginazione? “Dov’è la giustizia?”.
Ancora oggi, nonostante l’ampia rete di solidarietà femminile, per le ragazze sessualmente sfruttate non è facile ottenere giustizia. “Ci sono fin troppi libri sul dolore – e troppo dolore” e Una, nel finale toccante e straziante, abbandona le parole e lascia spazio ai disegni, spezza il grigio con i colori, luci sporadiche e simboliche aprono la strada alla galleria di ritratti femminili che sono il suo commosso omaggio in forma grafica alla “forza sovrumana dei sopravvissuti.”
Il libro è bellissimo, potrei soffermarmi su ogni singola illustrazione, sulla grafica, sul bianco e sul nero, su metafore e dettagli naturalistici che costituiscono la forza narrativa della storia, ma mi soffermo sulle parti dal tono saggistico che spiegano un fenomeno di grandissimo interesse.
Lettrici e lettori vi consiglio quest’opera formidabile e brutale e se la storia vi chiederà di interrompervi, fate due passi, alzatevi in piedi, respirate profondamente, bevete un bicchiere d’acqua o fumate una sigaretta, una breve pausa sarà utile prima di ributtarvi in una storia di grande impatto che ci riguarda tutti: disegnata sulla carta c’è una sofferenza che fa riflettere e rabbrividire. Una dedica il libro “a tutte le altre ” ed io consiglio a tutti la lettura.
IO SONO UNA di UNA. ADD EDITORE
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